A tavola nel Trecento: vizi, virtù e curiosità di un banchetto medievale

A cena da Messer Guido: cosa prevede il menù? Il Galateo e le abitudini a tavola nel Trecento.

Pubblicato su Marzo 30, 2020, 5:38 pm
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Immaginiamo di essere stati invitati ad un banchetto medievale, da Messer Guido, un ricco mercante e cambiavalute – oggi diremmo un banchiere o un trader – del primo Trecento.

Innanzitutto, visto il rango del padrone di casa, dobbiamo premurarci di capire chi saranno gli altri convitati e chi sarà la Guest Star della serata.

Questo non solo per capriccio gossipparo, ma per avere un’idea di che tipo di sforzo gastronomico saremo chiamati ad affrontare: ebbene sì, il numero delle portate e il rilievo del banchetto era direttamente connesso al rango delle personalità sedute al tavolo centrale, quello importante.

Il menù del banchetto medievale

Nel Medioevo, infatti, la presentazione dei cibi era molto diversa rispetto a quanto è entrato in voga con la seconda metà dell’Ottocento: i convitati erano sistemati normalmente disposti a U, su lungo tavolo centrale e le due ali laterali con una rigida gerarchia di posti e contiguità.

Ogni portata era servita in contemporanea a tutti gli invitati, secondo un rigoroso ordine di servizi che si succedevano.

Generalmente le tavole più signorili dovevano offrire uno o due servizi di apertura, con frutta e verdure; a seguire i brodetti e le zuppe, anche a base di ravioli e lasagne in brodo.

La frutta era servita all’inizio del banchetto

Dopo i primi venivano serviti i bolliti, per preparare gli stomaci al piatto forte ovvero all’arrosto di selvaggina di penna con corredi di salse, sostituito dal pesce se imposto dal calendario liturgico.

Dopo i secondi, si procedeva con altri due o tre servizi di chiusura a base di formaggi, torte e pasticci, dolci e vini liquorosi ed in ultimo spezie candite per aiutare la digestione per chi fosse riuscito a non perdere i sensi nel frattempo.

Il tutto allietato da spettacoli di teatranti e musicisti, in particolare subito dopo aver finito le carni, per far riprendere il fiato e dare spazio alla conversazione.

L’organizzazione del banchetto

Non dobbiamo assolutamente pensare che il banchetto medievale fosse l’arena di ogni villania e sconcezza: le regole di protocollo erano diverse dalle nostre, ma presenti e sempre più caratterizzanti l’andamento del banchetto all’aumentare del rilievo e della gerarchia sociale del padrone di casa e degli ospiti di riguardo.

A coordinare il tutto c’era la figura dello Scalco, ruolo chiave di responsabile del corretto taglio e porzionamento delle vivande, accompagnato da una “brigata di sala” composta da coppieri, vivandieri, servitori.

Immancabili i portatori di bacili per le mani, dal momento che era obbligatorio per il gentiluomo e la dama lavarsi le mani prima e durante il pasto.

Tutto questo personale doveva muoversi con rispetto delle gerarchie e con assoluta capacità e maestria. Ne andava dello status sociale del loro padrone e forse anche della loro propria salute e ossa.

Il galateo nella tavola del Trecento

Il comportamento dei partecipanti al banchetto medievale doveva essere gentile, educato, signorile.

Si mangiava, e spesso si beveva, a coppie, condividendo lo stesso calice e utilizzando lo stesso piatto: molto frequentemente, nei tempi più antichi in particolare, il piatto era in realtà una grossa e spessa fetta di pane. Bianco e raffinato ovviamente!

Alcuni comportamenti a tavola di quel periodo caratterizzano ancora adesso le nostre regole:

lo scalco provvedeva a porzionare le vivande
  • era obbligatorio lasciare pulito il calice comune: da qui il nostro “pulisciti la bocca prima di bere!”;
  • l’uomo tagliava il cibo predisposto dallo Scalco in piccoli pezzetti offrendo la porzione alla dama al suo fianco (tantissimi gli adagi popolari su questo tema!)
  • ci si doveva limitare al vassoio di fronte senza slanciarsi o allungarsi verso il cibo meno vicino: regola che precede il nostro “non mettere i gomiti a tavola!”;
  • per favorire la conversazione bisognava evitare discussioni lunghe e che accalorassero i presenti (“a tavola non si parla di politica e di malattie!”).

Ora come allora quindi compostezza e signorilità si impongono quali imperativi categorici.

Bene, ma allora le differenze quali erano?

Eccole: le uniche e scarse posate presenti erano coltelli e alcuni mestoli per servirsi dai vassoi e cucchiai per zuppe e sughi.

Niente forchette nel banchetto medievale (semmai solo per schizzinosi, e come tali apostrofati) , conosciute ma non usate; solo in seguito, infatti, comparve un antenato a due rebbi dei nostri utensili, un grosso forchettone simile a quelli che adesso servono per tagliare grossi roast-beef ad esempio e con delle finalità analoghe, presumibilmente.

Spesso e volentieri gli ospiti si portavano il proprio coltello al banchetto, alcuni anche a modo di ciondolo di ricchi girocolli, ma questo non era molto apprezzato dal “jet set” dell’epoca.

Si mangiava quindi con le mani, servendosi direttamente dal vassoio o dal “piatto” e intingendo la pietanza nella immancabile salsa di accompagnamento. Attenzione però, non era consentito usare l’intera mano: l’etichetta imponeva l’uso esclusivo di pollice, indice e medio per prendere il cibo.

Alcune curiosità del banchetto medievale

E i residui, gli avanzi? Assolutamente vietato lasciarli sulla tavola.

La tovaglia, per la sua simbologia, doveva essere sporcata il meno possibile, e quindi? Facile: si gettava tutto sotto il tavolo per la gioia dei cani del padrone di casa che avviavano un loro riservato banchetto a fine convivio.

Il banchetto medievale, pur con le sue “peculiarità”, era quindi qualcosa di abbastanza lontano dalle immagini cui siamo stati abituati da sceneggiature fin troppo frettolose.  

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Enrico de Zorzi