Si é discusso in questi giorni al Palazzo della Consulta della sanzione al minimo edittale prevista in caso di commercio vietato di sementi.
La Corte Costituzionale è stata chiamata a pronunciarsi in merito alle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 33, comma 1, della legge 25 novembre 1971, n. 1096 (Disciplina dell’attività sementiera), come sostituito dall’art. 3, comma 2, lettera c), della legge 3 febbraio 2011, n. 4 (Disposizioni in materia di etichettatura e di qualità dei prodotti alimentari),sollevate dal Giudice di pace di Pisa con ordinanza emessa il 17 ottobre 2018.
La legge in questione detta la disciplina dell’attività sementiera, dettando le norme che regolano “la produzione a scopo di vendita e la vendita” stessa dei prodotti sementieri.
La disciplina sanzionatoria in caso di commercio vietato di sementi
L’art. 33, comma 1, della legge 25 novembre 1971, n. 1096, attualmente in vigore, al primo comma dispone che “Salvo che il fatto costituisca reato, a chiunque vende, pone in vendita omette altrimenti in commercio prodotti sementieri non rispondenti ai requisiti stabiliti, o non rispondenti a quelli indicati sulla merce, o pone in vendita miscugli in casi non consentiti ovvero pone in commercio prodotti importati in confezioni non originali o riconfezionati senza l’osservanza delle disposizioni di cui agli ultimi tre commi dell’articolo 17, si applica la sanzione amministrativa consistente nel pagamento di una somma stabilita in misura proporzionale di euro 40 per ogni quintale o frazione di quintale di prodotti sementieri e comunque per un importo non inferiore a euro 4.000”.
Proprio sulla sanzione amministrativa minima di ammontare pari a euro 4.000,00 si è incentrato il giudizio di legittimità costituzionale.
Il giudizio a quo, infatti, deriva da una opposizione ad ordinanza-ingiunzione promossa dal titolare di un’impresa individuale al quale è stato contestato “di avere immesso in commercio sementi di erba medica con una percentuale di germinabilità inferiore a quella minima prevista dal combinato disposto degli artt. 14 della legge n. 1096 del 1971 e 12 del decreto del Presidente della Repubblica 8 ottobre 1973, n. 1065 (Regolamento di esecuzione della legge 25 novembre 1971, n. 1096, concernente la disciplina della produzione e del commercio delle sementi)”.
Alla contestazione di immissione in commercio di 25 chilogrammi di sementi è seguita l’irrogazione di una sanzione amministrativa pari al minimo edittale previsto, per l’appunto € 4.000,00.
La questione di legittimità costituzionale
Il Giudice di Pace di Pisa ha ritenuto che la previsione del minimo edittale di cui al primo comma dell’art. 33 legge n. 1096 del 1971, “si ponga in contrasto, laddove stabilisce una sanzione pecuniaria di importo minimo pari a euro 4.000,00, con i principi di adeguatezza, proporzionalità e ragionevolezza”.
Ciò in quanto, in difetto di tale misura minima applicata, la sanzione sarebbe quantificata secondo il criterio generale, ovvero moltiplicando “euro 40 per ogni quintale o frazione di quintale di prodotti sementieri”.
La sanzione minima che è stata applicata, quindi, equivale ad una infrazione pari a 100 quintali di sementi, a fronte dei soli 25 chili di sementi.
Le motivazioni del Giudice remittente
Il Giudice a quo, di conseguenza, anche in richiamo ai principi di ragionevolezza e uguaglianza di cui all’art. 3 Cost, ha ritenuto sussistere incostituzionalità della norma laddove “in caso di prodotti dal peso complessivo sino a 100 quintali il suddetto minimo edittale non è correlato alla concreta quantità di sementi commercializzate, così traducendosi in una sanzione sostanzialmente fissa”.
Con ciò è stata denunciata una contraddittorietà della norma: “la sua finalità, a parere del rimettente ravvisabile nell’esigenza di «parametrare la sanzione alla gravità della violazione, da calcolarsi matematicamente su base quantitativa», sarebbe difatti tradita dalla previsione di una sanzione non graduabile, peraltro di ammontare largamente superiore rispetto all’importo contemplato per il calcolo proporzionale”.
Dal momento che il minimo edittale diventa, proprio in ragione al corrispettivo in termini di misura del prodotto contestato (100 quintali), una sanzione “sostanzialmente fissa”, è impossibile in termini effettivi adottare una effettiva proporzionalità e diversificazione tra sanzione e oggetto di contestazione.
In definitiva, in ambito amministrativo – sanzionatorio (ricordiamo la premessa “salvo che il fatto non costituisca reato”), non vi sarebbe differenza tra una contestazione per pochi chili di prodotti sementieri e quella per 99 quintali di prodotto.
All’esito di questa riflessione, il Giudice remittente ha ritenuto violarsi anche l’art. 27 Cost., terzo comma della, in relazione alla finalità rieducativa della pena – che dovrebbe connotare anche le sanzioni amministrative – nonché l’art. 97 Cost. «nella parte in cui sancisce il principio di ragionevolezza nell’attività amministrativa».
Le decisione della Corte Costituzionale
Con sentenza n. 2012 del 12 settembre 2019 (GU 18.09.2019 n. 38) la Corte Costituzionale ha ritenuto non fondata la questione.
In via preliminare, passaggio che si ritiene di interesse generale, la Consulta ha rigettato l’eccezione di inammissibilità sollevata dalla difesa erariale del Ministero resistente, circa la pretesa “discrezionalità di cui gode il legislatore in sede di quantificazione dei trattamenti sanzionatori”.
La Corte ha ricordato che è ammissibile il proprio intervento «laddove le scelte sanzionatorie adottate dal legislatore si [rivelino] manifestamente arbitrarie o irragionevoli […]», richiamando peraltro una recente pronuncia in tal senso (sentenza Corte Costituzionale n. 115/2019).
Quanto invece al merito della questione, la Corte Costituzionale ha ritenuto non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 33, comma 1, della legge 25 novembre 1971, n. 1096 (Disciplina dell’attività sementiera), come sostituito dall’art. 3, comma 2, lettera c), della legge 3 febbraio 2011, n. 4 (Disposizioni in materia di etichettatura e di qualità dei prodotti alimentari).
In particolare, proprio in risposta alla motivata questione posta dal Giudice di pace di Pisa, la fissazione del limite minimo edittale in € 4.000,00 non contrasta il dettato costituzionale.
Una sanzione “ragionevole” in caso di commercio vietato di sementi
La Consulta sostanzialmente rilegge la norma censurata, evidenziando che la medesima “è strutturata in modo da prevedere una sanzione proporzionale che non può, tuttavia, essere inferiore a un limite minimo”.
Tale limite minimo si pone come effettiva sanzione del fatto/condotta di commercializzazione vietata, a prescindere quindi dalla quantità dei prodotti commercializzati.
Il commercio vietato di sementi, per il Legislatore, comporta una sanzione pari ad € 4.000 quale minimo della sanzione irrogabile quale “soglia minima di deterrenza in relazione a condotte ritenute in se stesse gravi”, importo che soggiace comunque ad un calcolo proporzionale in caso si elevate quantità di prodotti.
L’interpretazione, ritenuta conforme alla Carta costituzionale, trova spunto proprio dal valore simbolico del parametro proporzionale, che ammonta a poche decine di euro (40) per quintale di prodotto.
Una disciplina a tutela degli operatori
Allo stesso modo la Consulta ha ribadito, al pari di precedenti orientamenti, la legittimità costituzionale di una norma che preveda una “quota di fissità” della sanzione propria alla natura del minimo edittale, senza che ciò vìoli il principio di uguaglianza o di ragionevolezza anche quando la medesima sanzione venga irrogata in caso di commercializzazione vietata tanto di pochi chili quanto di 99 quintali.
Ciò in quanto è il fatto in sé che viene sanzionato – a garanzia degli operatori del settore interessati anche alla redditività delle sementi ed anche degli allevatori (trattandosi nel caso di specie di erba medica), – e non la “misura” della condotta se non quando oltremodo eccessiva (oltre 100 quintali) secondo un criterio proporzionale.
La discrezionalità del Legislatore, quindi, non ha varcato il confine dell’arbitrarietà, alla luce dell’intento di «rafforzare l’azione di repressione delle frodi alimentari» anche imponendo una sanzione severa al minimo edittale.
L’art. 27 della Costituzione si applica alla responsabilità amministrativa?
Il Giudice rimettente ha esteso il dettato di cui all’art. 27 Cost. sulla funzione rieducativa della pena alla responsabilità amministrativa che deriva dal commercio vietato di sementi.
La Corte Costituzionale ha respinto tale tesi, “giacché nel caso di specie viene in rilievo un illecito amministrativo, mentre, per costante giurisprudenza costituzionale, l’art. 27 Cost. deve ritenersi riferibile, contrariamente all’assunto del giudice a quo, alla sola responsabilità penale e non pure a quella amministrativa”.
Per concludere
Risponde al dettato costituzionale (artt. 3, 27 e 97) la norma che impone una sanzione minima pari ad € 4.000 per chiunque vende, pone in vendita omette altrimenti in commercio prodotti sementieri non rispondenti ai requisiti stabiliti, o non rispondenti a quelli indicati sulla merce, o pone in vendita miscugli in casi non consentiti ovvero pone in commercio prodotti importati in confezioni non originali o riconfezionati senza l’osservanza delle disposizioni di cui agli ultimi tre commi dell’articolo 17.
Approfondimenti
Definizione di prodotti sementieri: «le sementi, i tuberi, i bulbi, i rizomi e simili destinati alla riproduzione ed alla moltiplicazione naturale delle piante» (art. 1, primo e secondo comma legge n. 1096/1971).
Finalità della normativa sul commercio vietato di sementi: fornire «agli operatori ed ai coltivatori le necessarie garanzie sul valore genetico delle sementi e dei materiali di moltiplicazione», introducendo così una «disciplina dei controlli e delle certificazioni concernenti le sementi ammesse in commercio».
Il presente articolo, ai sensi del Regolamento, ha finalità meramente informativa e divulgativa della sentenza in commento; non può costituire un parere legale, potendo non tener conto del complesso normativo e giurisprudenziale anche in punto di successivi aggiornamenti per gravami o riforme.