Un cardine della cucina romana: il cardo

Antenato del carciofo, il cardo è l’ingrediente povero di ricercate pietanze tipiche invernali. Come lo cucinavano nell’antica Roma?
Pubblicato su Gennaio 03, 2021, 12:36 pm
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Un cardine della cucina romana: il cardo.

In questi giorni di festività, le tavole hanno sicuramente visto diverse pietanze a base di carciofo: fritti con la pastella, o “alla giudia” secondo l’uso romano, come ingredienti e decoro di prelibate insalate russe , al forno.

Anche anticamente i nostri progenitori Romani mangiavano “carciofi”. Ma non quello che noi oggi riconosciamo come tali, apparsi timidamente dell’Asia nel periodo imperiale e solo nel XV oggetto di prime coltivazioni in Sicilia.

E non a caso proprio lì, trattandosi di una specie introdotta dagli Arabi.

Il cardo nelle tavole dell’antica Roma

I Romani, ma anche i Greci, mangiavano i cardi, (Cynara Cardunculus L.) come peraltro abbiamo già accennato in un precedente nostro articolo.

Cibo popolare quindi, ma non proprio un must dei ricchi e famosi del periodo imperiale, quando la tradizionale frugalità della Roma Arcaica e Repubblicana era un valore etico da difendere e tramandare.

Il cardo è come il maiale: si mangia tutto…..o quasi, ad eccezione delle parti spinose: sia gli steli delle foglie, che i fondi e così le teste, anche se queste erano meno apprezzate.

Era solo una questione di prezzo oltre che di gusto: gli steli senza foglie erano i più ricercati e cari sui mercati.

Noi sappiamo che i Romani avevano una spiccata predilezione per sapori lontani ormai dalle nostre preferenze: aspro, amarognolo ed acidulo andavano per la maggiore.

Le ricette con i cardi

I Romani mangiavano i cardi prevalentemente previa frittura o bollitura, con il consueto corollario di salse e speziature: il buon Apicio, o chi per lui, ci ha lasciato alcune ricette in tal senso.

Piatto popolarissimo era sicuramente il cardo con le uova soda a fette: possiamo dire un’accoppiata vincente anche ai nostri tempi.

Proprio Apicio, infatti, suggerisce l’abbinamento nel piccolo paragrafo del proprio libro De re coquinaria (libro III, par XiX) dedicato ai cardi, suggerendo anche di condire le verdure  anche con un’emulsione di erbe aromatiche (ruta, menta, finocchio verde e coriando), miele, pepe e garum.

Il cardo era usato anche come coagulante vegetale del latte di pecora per la produzione di formaggi. Columella, nel suo “De Re Rustica” ci racconta infatti dell’utilizzo del cardo selvatico essiccato per la produzione del “caciofiore”.  

Ancora oggi per la produzione di questo formaggio, unico ormai, viene realizzato utilizzando un coagulante estratto dal cardo.

Per inciso i Romani nella loro produzione casearia usavano anche il latticello del fico, pianta sacra sin dalla notte dei tempi in quanto dedicata alla primigenia Dea Ruma, ma qui ci fermiamo per il momento e rimandiamo il lettore, se interessato, ai prossimi aggiornamenti!

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