Se in tutta Italia oggi è Festa, in una città oggi è due volte festa.
Nel giorno della ricorrenza di San Marco, parliamo di Venezia, la Città dai due volti: uno pubblico, di moltitudine, uno più affascinante del silenzio che ti fa avvertire il rumore dei passi lungo le salizzade, dei colori e dei profumi, del mistero e del fascino, del romanticismo e della storia.
Sotto il Leone di San Marco nasce una tradizione culinaria, i cicheti.
La tradizione dei cicheti
Un termine della lingua veneziana per definire lo spuntino, il piccolo assaggio di cibo che si gusta insieme ad un’“ombra” di vino, tradizionalmente bianco o rosso leggero, ora anche uno spritz o del Prosecco.
Ed il cicheto con l’ombra è anche contesto, ed il contesto si chiama Bacaro.
I Bacari sono delle piccole vinerie, tipiche osterie veneziane in cui la bevuta si accompagna con svariati piccoli scrigni di gusto tradizionale.
Uno spezza fame prima di pranzo o cena quindi, ma anche di più.
Il cicheto per un “venexian” è un momento sociale, un rito da fare in compagnia: non esiste andar per bacari da soli.
Alcuni dei bacari stanno resistendo da centinaia di anni e vale la pena di entrarci anche solo per respirare un po’ di “venezianità” autentica; sfido chiunque poi a resistere a certe tentazioni.
Piccoli scrigni di gusto
I cicheti rappresentano la storia gastronomica e sociale di Venezia, per questo non paragonabili con le tapas spagnole o i moderni finger food.
La fantasia non manca, per forma e sostanza: su una piccola base di pane, anche abbrustolito, o polenta arrostita si gustano assaggi del territorio.
Dalle “sarde in saòr” (un piatto straordinario, per ingredienti e preparazione, di origine quantomeno trecentesca!) al baccalà mantecato (se fatto bene è veramente commovente!); ma anche seppioline o “folpetti” (i polpetti) in umido o “peoci” al forno (cozze gratinate); e poi ancora la soppressa o la polenta e schie, dei piccoli gamberetti della laguna che quando si trovano….
Mare e salumi nei cicheti; ma anche orti.
Quelli dell’Isola di Sant’Erasmo ancora producono dei carciofi violacei, dal profumo intensissimo, i cui fondi, accuratamente puliti e preparati, si trovano così già al mercato.
Perché i cicheti si chiamano così?
L’origine del termine non è nota: i più richiamano il termine latino ciccum, quella membrana che separa i chicchi nella melograna ed in senso figurato cosa di piccolo valore.
Del resto la melagrana era considerato un frutto di ottimo augurio, cosa niente affatto di secondo piano per una società marinara e mercantile come Venezia.
Altri richiamano una etimologia di origine francese, che però pare più verosimile per il termine piemontese “cicchetto” che si riferisce al bicchierino di liquore.
Il connubio con il vino
A Venezia no, il cicheto è il cibo che accompagna l’ombra, il bicchiere di vino che, dice la tradizione, va tenuto al fresco e servito lontano dai raggi del sole.
Proprio gli antichi vinari veneziani sembra abbiano dato il nome a questa tradizione, quando con le loro botti nelle piazze si spostavano di volta in volta verso l’ombra a proteggere il vino.
Una cosa è certa, dunque: i cicheti sono nati per accompagnare con il vino le chiacchere, le discussioni, le liti e gli affari che si concludevano, durante le lunghe giornate di mercato.
Il brindisi dei mercanti
Per campi e calli o nell’unica Piazza della Città, all’ombra del suo campanile e ancor prima, della precedente chiesa medievale che vi sorgeva a pochi passi.
A Venezia per tutto il medioevo e fino alla metà del Seicento, quando l’interesse della Serenissima si è volto all’entroterra, si scambiavano merci da tutto il mondo conosciuto: spezie, aromi, panni di lana e seta, primizie e curiosità.
Successivamente da Venezia si diffondevano in Italia e in Europa due bevande destinate a conservare ancor oggi un gran successo; la cioccolata e il caffè.
Il primo caffè in Città è del 1683. Ma questa è un’altra storia.
La tradizione di San Marco
Per Venezia, dunque, il 25 aprile è giorno di festa da secoli, ed è il giorno in cui gli innamorati donano alle loro amate un bocciolo di rosa (il bòcolo).
Un bocciolo che ricorda la bellissima e commovente leggenda di Maria, figlia del Doge Angelo Partecipazio, e dell’amato Tancredi, partito con l’esercito di Carlo Magno e morto in battaglia, in una storia che si intreccia con la letteratura cortese della Chanson de Roland.
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