Festa della Mamma: i fiori nel piatto e nella storia

Il mazzetto di fiori selvatici dei bimbi per la Festa della Mamma può trasformarsi in un regalo ricco di storia e in un raffinato menù.

Pubblicato su Maggio 10, 2020, 2:37 am
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I fiori sono sempre un dono prezioso e simbolico nel giorno della Festa della Mamma.

Dal mazzetto di fiori di campo dei bimbi alla sontuosa rosa od orchidea, per la mamma sono sempre i regali più belli da parte dei figli.

Anche a tavola.

I fiori selvatici nelle tavole antiche

Negli ultimi anni è sempre più frequente trovare tra le proposte dei menù per la Festa della Mamma ricette con fiori eduli, cioè commestibili.

Una moda che sa di antico molto più di quanto si possa immaginare.

E non soltanto per le proprietà benefiche che venivano attribuite ai fiori, più o meno a ragione secondo le attuali evidenze scientifiche.

Nell’antichità i fiori arricchivano i banchetti, dalla sacralità dei loti egizi (i fiori della Nymphaea) al lusso delle rose romane.

Alcune cucine, inoltre, accompagnavano alcune pietanze con i fiori commestibili anche per puro gusto e come tocco di raffinatezza.

Guardando il mazzetto di fiori della Festa della Mamma…

Ci piace tornare con il pensiero ai buffi mazzetti di fiori dei bimbi durante la passeggiata sui prati.

E come su una macchina del tempo, torniamo indietro nella storia, perché quel mazzetto può raccontare tanto.

Racconta di profumi, di sapori e di cure del passato.

Gli antichi Greci certamente apprezzavano il gusto dei fiori, pur soffermandosi più sulle proprietà benefiche di cui erano cultori.

La “mela di terra”

Quale è il fiore più diffuso nelle nostre cucine? Il suo nome deriva dal greco e si riferisce proprio al suo sapore.

Ebbene sì, parliamo della camomilla, composita della stessa famiglia delle margherite, fiore divino che già gli Egizi usavano per proprietà antipiretiche o cosmetiche.

Il nome significa la “mela di terra” (chamai-melon) proprio per il sapore della mela.

La violetta nei secoli

Il fiore che non mancava però nelle case dei Greci, ed in particolare degli Ateniesi, era la violetta (o viola mammola), nata dalle lacrime della ninfa Io, amata da Zeus che l’aveva trasformata in mucca per non ingelosire Era.

La violetta, quella selvatica che fiorisce ai margini del bosco, è regina nella storia alimentare per le molteplici trasformazioni lungo i secoli.

Utilizzata dai Romani soprattutto per creare infusi o profumare il vino, nel Medioevo trionfa per il suo inconfondibile sapore.

La troviamo, dunque, in diverse ricette di insalate, ma soprattutto come “ingrediente segreto” di ripieni per arrosti e cacciagioni.

Non mancano poi sciroppi, rosòli o confetture.

Nell’Ottocento la violetta diventa ancora più famosa – complice la passione della Duchessa di Parma Maria Luigia, moglie di Napoleone Bonaparte -, grazie ad un’invenzione culinaria.

Parliamo delle violette candite, una vera e propria opera d’arte gastronomica se pensiamo alla delicatezza dei fiori appena sbocciati tuffati in zucchero fuso.

Il giallo che si distingue

Ma nel mazzetto di fiori selvatici che il bimbo porge alla mamma, nel giorno della sua festa, non troviamo solo margheritine e violette.

Trionfa nel suo giallo uno dei fiori immancabili durante le passeggiate campestri, quello del tarassaco.

Fiore che non si sa se ha più nomi (dente di leone, cicoria matta, soffione,…) o virtù (il suo nome sembra derivare dal greco, “rimedio allo scompiglio” o “io guarisco”, anche se sembrerebbe apposto soltanto nel Medioevo), il tarassaco è molto utilizzato sin dalla storia anche nella preparazione di pietanze.

L’utilizzo maggiore era come ingrediente delle insalate miste, ed infatti lo stesso Apicio lo consiglia per preparare una sorta di misticanza condita con aceto e olio.

Ma si sa, Apicio, rappresentante del raffinato palato romano, amava molto i fiori in cucina, tanto da riuscire ad abbinare i petali di rosa anche alle cervella di agnello bollite.

La regalità della malva

Ed uno dei fiori più ricorrenti nell’antico ricettario è il fiore della malva, altro protagonista del nostro mazzetto per la mamma.

Dall’inconfondibile colore e dalle tante virtù, la malva impreziosiva diverse pietanze nell’antichità.

Come rendere accattivante e preziosa la crema di fave? Nel I sec. d.C. l’imperatore Vitellio, noto per la sua golosità, faceva aggiungere, oltre a coriandolo e pepe, anche i fiori della malva.

Piatto questo che il filosofo greco Pitagora, sei secoli prima, non avrebbe mai mangiato, per la nota idiosincrasia verso le fave.

Avrebbe mangiato soltanto la malva, ed anzi ne suggeriva il consumo grazie alle sue mille virtù anche per la mente (“semina la malva, ma non mangiarla; essa è un bene così grande da doversi riservare al nostro prossimo, piuttosto che farne uso con egoismo per il nostro vantaggio“).

Un’idea per regalare un menù ai fiori

Ora come allora dunque, i fiori in cucina sono motivo di bellezza, di gusto, di benefici salutari.

Ed allora perché non trasformare il menù in un simbolico mazzetto di fiori?

Possiamo preparare quattro portate con i nostri fiori eduli, con camomilla/margherita, violetta, tarassaco e malva.

Un’idea? Fiori di tarassaco in pastella fritti, risotto allo spumante con margherite o camomille, fritattine di patate e malva e per finire una bavarese al limone con violette candite.

Siete curiosi e per completare il “regalo” per la Festa della Mamma cercate nel libro del linguaggio dei fiori?

Sarete sopresi, ma il classico mazzetto dei bimbi con i quattro fiori più tipici significano: forza e amore fedele, tenerezza, fiducia, comprensione e amore materno.

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