Già oltre 2000 anni fa Celso descrisse i 4 segni distintivi dell’infiammazione: arrossamento, gonfiore, calore, dolore. L’infiammazione fa sì che il sistema immunitario si attivi eliminando l’infezione, riparando il tessuto danneggiato e così scompaiono i sintomi tipici dell’infiammazione.
Purtroppo questo aspetto così importante e benefico per la nostra salute si rivela poi un processo fortemente invalidante e legato alla patogenesi di molte malattie e che può aumentare la gravità dei sintomi e della malattia stessa, mano a mano che l’età anagrafica aumenta, determinando la perdita di molte competenze e peggiorando la qualità della vita.
L’infiammazione riveste un ruolo decisamente importante per quanto riguarda la salute del sistema nervoso centrale (SNC) e il 22 luglio scorso si è celebrata la giornata mondiale dedicata al cervello e su come fare per mantenerlo in salute. Poiché la longevità sana è uno degli obiettivi che ci si propone da più parti, ovviamente la salute cerebrale risulta quanto mai determinante per un invecchiamento in salute e addirittura per un recupero delle capacità cognitive.
La funzione delle citochine
Nel processo infiammatorio rivestono grande importanza le citochine. Il termine citochina deriva dal greco cyto (cellula) e kinos (movimento), si tratta di particolari proteine con funzione di segnalare alle cellule del sistema immunitario affinché possano esplicare al meglio la loro azione di difesa da insulti di vario genere.
Le citochine secrete da cellule mononucleate del sangue in seguito ad una infezione, al cancro, traumi ecc. sono in grado di attivare le cellule della microglia che sono un tipo di cellule che si occupano della prima e principale difesa immunitaria attiva nel sistema nervoso centrale (SNC).
L’invecchiamento è quindi associato ad una maggiore attività infiammatoria la quale si manifesta con un aumento dei livelli circolanti di citochine pro-infiammatorie TNF-alfa, IL-6 e delle proteine della fase acuta in vivo.
Se la produzione di citochine infiammatorie avviene in modo irregolare, si si potrà avere unì importante coinvolgimento nel processo di invecchiamento (Bruunsgaard H. et al., 2001).
Infatti le citochine possono determinare febbre, letargia, anoressia e questo tipo di risposte diventano eccessive nell’anziano con maggiore produzione di tali molecole e con un effetto di deterioramento cognitivo (Muscat S.M.et al., 2021).
L’effetto metabolico degli acidi grassi saturi e monoinsaturi
È studiato da tempo l’effetto metabolico degli acidi grassi saturi e monoinsaturi più diffusi nella dieta umana e nei tessuti corporei, rispettivamente acido palmitico (PA) e acido oleico (OA).
In recente lavoro, gli autori hanno confrontato e valutato gli effetti di una dieta caratterizzata da un’elevata assunzione di ACIDO PALMITICO (PA) tipica della dieta nordamericana con una dieta caratterizzata da un’assunzione molto più bassa di PA e con una dieta caratterizzata da una elevata assunzione di ACIDO OLEICO (OA) come si può osservare nei soggetti che consumano olio di oliva caratteristico della dieta Mediterranea (Kien C.L. et al.,2013).
Gli autori avevano già precedentemente osservato che riducendo quantitativi elevati di PA, sostituendoli con OA, si avevano cambiamenti nel rapporto PA/OA dei lipidi sia nel citosol cellulare che a livello mitocondriale con una diminuzione delle concentrazioni ematiche delle citochine IL-1β, IL-6 e TNFα (Kien C.L. et al., 2015).
Inoltre l’abbassamento del rapporto PA/OA nella dieta migliorava l’attività fisica quotidiana e migliorava l’umore (Kien C.L.et al., 2013).
Studi sui topi avevano già precedentemente confermato che i roditori che consumavano meno grassi saturi risultavano più efficienti dal punto di vista della locomozione e anche cona qualità migliore del sonno (Sartorius T.et al., 2017).
La secrezione di citochine pro-infiammatorie
Gli autori hanno pertanto supposto che la secrezione di citochine pro-infiammatorie potesse indurre dei cambiamenti a livello cerebrale alterando il rapporto PA/OA della membrana e dei lipidi cellulari. Quindi è stato condotto un altro studio su giovani adulti caratterizzato dalle misurazioni della secrezione di citochine pro-infiammatorie e della composizione di acidi grassi dei fosfolipidi sierici.
Inoltre gli autori hanno valutato come la dieta poteva incidere sull’attivazione delle regioni cerebrali utilizzando una risonanza per immagini (fMRI).
Lo studio applicato su giovani adulti ha mostrato che quando si abbassava il rapporto PA/OA tramite il cambiamento della dieta, si aveva una minore secrezione di citochine pro-infiammatorie con concentrazioni plasmatiche inferiori di IL-1β e IL-6, un rapporto PA/OA inferiore con valori più bassi di fosfatidilcolina sierica, fosfatidil-etanolammina e cardiolipina (Dumas J.A. et al., 2016).
Sono stati anche rinvenuti dei cambiamenti a livello del nucleo caudato destro e del putamen sinistro (strutture del sistema nervoso umano importanti per la memoria, la motivazione e il movimento).
Gli autori, valutando il fatto che gli anziani sani sono vulnerabili per quanto riguarda il declino della memoria, hanno condotto uno studio come manipolando la dieta e il rapporto PA/OA si potesse influire sulla secrezione di citochine pro-infiammatorie e quindi anche sulle funzioni cerebrali.
I dati dello studio su dieta di controllo a basso contenuto di grassi
Sono stati valutati i soggetti idonei allo studio mediante l’applicazione di diversi criteri e alla fine sono stati reclutato 5 uomini e 5 donne i quali hanno poi completato lo studio.
Mediante assorbimentria a raggi X (DXA) è stata effettuata l’analisi della composizione corporea dei soggetti (Kien C.L. et al., 2004) per poter poi pianificare il tipo di dieta da assegnare.
Il tipo di studio prevedeva una dieta di controllo a basso contenuto di grassi per 7 giorni a cui seguiva una dieta sperimentale di altri 7 giorni basata su un alto contenuto di acido palmitico o acido oleico (e quindi basso contenuto di acido palmitico). Seguiva una dieta di controllo di 7 giorni a cui seguiva ulteriormente una seconda dieta sperimentale con alto contenuto di acido palmitico e alto contenuto di acido oleico. I soggetti venivano prima pesati e questo ha permesso di verificare che non vi era alcuna differenza nella variazione di peso durante le diete HPA e HOA.
Veniva quindi effettuato un prelievo di sangue per misurare le concentrazioni plasmatiche di citochine, dopo stimolazione cellulare con LPS (lipopolisaccaride che è uno dei componenti della membrana cellulare esterna dei batteri Gram-negativi).
Ogni tipo di dieta prevedeva tre pasti: colazione, pranzo e cena con cibi che variavano da tacchino magro, pollo latticini senza grassi, frutta e succhi di frutta, pane, muffin, bagel, pasta e riso, sostituto dell’uovo, cereali. L’olio differiva nella dieta con alto quantitativo di PA e con OA.
Infatti nella dieta di controllo vi erano olio di palma, olio di girasole e olio di nocciola, nella dieta con alto PA vi era un 98% di olio di palma, nella dieta OA si aveva un 100% di olio di nocciole. La dieta di riferimento di controllo era povera di grassi. La dieta ad alto contenuto di PA era simile alla dieta abituale dei soggetti.
Dopo una settimana di dieta a basso contenuto di acido grasso saturo, acido palmitico, rispetto a una settimana con dieta ricca di acido palmitico, negli adulti anziani, si osservava una riduzione della secrezione di citochine pro-infiammatorie, del colesterolo LDL ma anche (aspetto molto importante) un cambiamento nella funzionalità cerebrale (misurata con BOLD fRMN).
La tecnica BOLD (Blood oxygenation level dependent) dipende dal livello di ossigenazione del sangue ed è la tecnica standard utilizzata per generare immagini negli studi di risonanza magnetica funzionale (fMRI). Essa si basa sulle differenze che si osservano nel flusso sanguigno nelle varie aree del cervello.
Studi sui ratti avevano mostrato che una dieta ricca di grassi per tre giorni comprometteva la memoria contestuale (che permette di discriminare la vera fonte di un ricordo) a lungo termine.
Anche sui giovani si possono avere risultati di questo tipo ma sicuramente gli anziani risultano essere più colpiti a livello cerebrale in seguito ad una dieta ricca di acido palmitico.
Come osservano gli autori, questo studio permette di indagare ancora maggiormente riguardo l’effetto dei cambiamenti dei livelli di citochine sul funzionamento cerebrale manipolando la dieta. Quindi se si consumano pasti ricchi di grassi saturi si possono osservare fenomeni di disfunzione cognitiva anche se saranno necessari studi più ampi con un numero maggiore di soggetti partecipanti alla ricerca per confermare tutto ciò.
Molto interessante è anche il fatto che donne e uomini giovani rispondono in modo diverso alla manipolazione dietetica relativa al rapporto PA/OA (Kien C.L.et al., 2008).
Da questi studi possiamo evidenziare come andando a modificare un rapporto di acidi grassi comunemente presenti nella nostra dieta, in particolare abbassando il rapporto PA/OA, si osservi un miglioramento dell’attività fisica e dell’umore. Questo avrà delle implicazioni a vari livelli per cui per esempio si potrebbe pensare anche ad uno studio applicato a livello di sportivi ed atleti nel migliorare le loro prestazioni fisiche oltre che cognitive.
Un altro aspetto decisamente importante è legato ai geni che codificano le citochine pro-infiammatorie, in particolare IL-6 e TNF-α (che codificano per le citochine omonime). Infatti esistono particolari polimorfismi di questi geni che determinano una maggiore espressione di tali proteine.
Si era visto precedentemente che variazioni polimorfiche relative ai geni che codificano per il fattore di necrosi tumorale (TNF)-α e l’interleuchina (IL)-6 influenzano la mortalità. I polimorfismi a singolo nucleotide (SNP) nelle regioni del promotore funzionale di TNF-α (G308A) e IL-6 (G174C) sono tra i polimorfismi più studiati (Wei G.Z. et al., 2016).
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