ALIMENTI IN STATO DI ALTERAZIONE: RESPONSABILITÀ DEL RIVENDITORE?

La responsabilità del commerciante ed il principio di colpevolezza qualificata per la Corte di Cassazione in caso di vizi dei prodotti in vendita attinenti ai requisiti intrinseci o alla loro composizione o alle condizioni interne dei recipienti. L’esimente ex art. 19 l. 283/1962.
Pubblicato su Settembre 12, 2023, 5:45 pm
12 mins

La Corte di Cassazione torna sul principio di responsabilità del commerciante in caso di vizi nei prodotti venduti.

In particolare, la fattispecie riguarda la questione sulla responsabilità del commerciante per le contravvenzioni di cui agli artt. 5 e 6 legge 30 aprile 1962, n. 283, in caso di prodotti distribuiti in confezioni originali, affetti da vizi attinenti ai loro requisiti intrinseci o alla loro composizione o alle condizioni interne dei recipienti.

Nel caso concreto, era stata accertata la presenza di parassiti sulla pasta in vendita nelle confezioni originarie.

La Corte di Cassazione, sez. 3 penale, con sentenza n. 26278/2023 ha ribadito il principio per cui per l’affermazione di tale responsabilità del commerciante è richiesta, per effetto dell’esimente di cui all’art. 19 legge 30 aprile 1962, n. 283, una colpevolezza qualificata, “derivante dalla conoscenza dell’avvenuta violazione delle prescrizioni in materia di igiene degli alimenti o dall’omessa considerazione di segni di alterazione presenti sulla confezione originale, constatabili in base ad un esame esterno”.

IL FATTO: DETENZIONE DI PRODOTTI IN STATO DI ALTERAZIONE PER LA PRESENZA DI PARASSITI

Al responsabile di un supermercato è stata contestata la detenzione per la vendita di confezioni di pasta in stato di alterazione o comunque nocive per la presenza di parassiti, ex art. 5 lett. d legge 30 aprile 1962 n. 283.

Art. 5 legge 30 aprile 1962 n. 283: È vietato impiegare nella preparazione di alimenti o bevande, vendere, detenere per vendere o somministrare come mercede ai propri dipendenti, o comunque distribuire per il consumo, sostanze alimentari: 
a. private anche in parte dei propri elementi nutritivi o mescolate a sostanze di qualità inferiore o comunque trattate in modo da variarne la composizione naturale, salvo quanto disposto da leggi e regolamenti speciali; 
b. in cattivo stato di conservazione; 
c. con cariche microbiche superiori ai limiti che saranno stabiliti dal regolamento di esecuzione o da ordinanze ministeriali; 
d. insudiciate, invase da parassiti, in stato di alterazione o comunque nocive, ovvero sottoposte a lavorazioni o trattamenti diretti a mascherare un preesistente stato di alterazione; 
e.lettera soppressa 
f.lettera soppressa 
g. con aggiunta di additivi chimici di qualsiasi natura non autorizzati con decreto del Ministro per la sanità o, nel caso che siano stati autorizzati senza la osservanza delle norme prescritte per il loro impiego. I decreti di autorizzazione sono soggetti a revisioni annuali; 
h. che contengano residui di prodotti, usati in agricoltura per la protezione delle piante e a difesa delle sostanze alimentari immagazzinate, tossici per l'uomo. Il Ministro per la sanità, con propria ordinanza, stabilisce per ciascun prodotto, autorizzato all'impiego per tali scopi, i limiti di tolleranza e l'intervallo minimo che deve intercorrere tra l'ultimo trattamento e a raccolta e, per le sostanze alimentari immagazzinate, tra l'ultimo trattamento e l'immissione al consumo.

Dall’istruttoria, si precisa in sentenza, era emerso che

  • le confezioni di pasta risultate infestate da parassiti erano solo due rispetto ad un intero “collo” acquistato non direttamente dal punto vendita ….
  • le finestre plastificate presenti nella confezione, le quali avrebbero permesso una verifica sulla consistenza del prodotto, erano una per pacco e di dimensioni estremamente ridotte, mentre i parassiti sono stati rinvenuti nella zona del lato chiuso e non visibile
  • le confezioni di pasta erano integre e la data di scadenza lontana

Tali circostanze sono ritenute dalla difesa significative in virtù della giurisprudenza per cui si applica l’esimente dell’articolo 19 L. n. 283 del 1962, quando:

  • il prodotto sia nella confezione originale, ossia in un contenitore chiuso destinato ad essere aperto esclusivamente dal consumatore (si citano Sez. 3, n. 5975 del 05/12/2012, dep. 2013, e Sez. 3, n. 35732 del 12/07/2007);
  • non risulti alcun difetto di conservazione dell’alimento constatabile dall’esterno (si cita Sez. 3, n. 11998 del 02/02/2011);
  • eventuali ulteriori controlli renderebbero impossibile immettere lo stesso al consumo (si cita Sez. 3, n. 7692 del 16/01/2007).

LA DECISIONE DELLA CORTE DI CASSAZIONE

La Suprema Corte con la sentenza n. 26278/2023 pone l’attenzione proprio sull’area di operatività della disposizione di cui all’articolo 19 L. n. 283 del 1962 e sull’applicazione della causa limitativa della responsabilità per aver detenuto per la vendita sostanze alimentari in stato di alterazione o comunque nocive.

Art. 19 L. n. 283 del 1962 "Le sanzioni previste dalla presente legge non si o' applicano al commerciante che vende, pone in vendita o comunque distribuisce per il consumo prodotti in confezioni originali, qualora la non corrispondenza alle prescrizioni della legge stessa riguardi i requisiti intrinseci o la composizione dei prodotti o le condizioni interne dei recipienti e sempre che il commerciante non sia a conoscenza della violazione o la confezione originale non presenti segni di alterazione".

La definizione di confezione originale e il riflesso sulla responsabilità del venditore

La sentenza, pur richiamando giurisprudenza risalente ma rimasta univoca, ricorda alcuni concetti importanti per inquadrare la fattispecie ed il contesto normativo – giurisprudenziale in tema di disciplina degli alimenti:

  • per “confezione originale” deve intendersi ogni recipiente o contenitore chiuso, destinato a garantire l’integrità originaria della sostanza alimentare da qualsiasi manomissione e ad essere aperto esclusivamente dal consumatore di essa (ex plurimis Cass. Pen. n. 5975/2012).
  • ferma restando la responsabilità del produttore, “il rivenditore o utilizzatore non risponde della detenzione per la vendita o della somministrazione di sostanze alimentari insudiciate, invase da parassiti, in stato di alterazione o, comunque, nocive, se queste gli siano state consegnate in confezioni originali sigillate, destinate ad essere aperte solo dal consumatore, le quali non rivelino esteriormente alcun vizio e per le quali l’analisi o qualsiasi altro appropriato controllo si risolverebbe, per la facile deperibilità del prodotto, nella non commestibilità di esso e, in pratica, nell’impossibilità di immetterlo al consumo” (ex plurimis Cass. Pen. n. 8085/1999).

L’esimente ex art. 19 l. 30 aprile 1962, n. 283

Nella sentenza annotata, si richiama la copiosa giurisprudenza in merito all’esimente di cui all’art. 19 l. 283/1962.

Il focus è l’inevitabilità del fatto addebitato, intesa come impossibilità materiale del commerciante rivenditore di accertare, mediante l’adozione della normale diligenza e prudenza, la rispondenza alle prescrizioni legali del prodotto posto in vendita.

Il rivenditore non può essere ritenuto colpevole

  • non solo del procedimento di lavorazione e produzione per quegli alimenti che siano immessi al consumo in confezioni originali
    • tranne nei casi in cui i vizi si possano constatare all’esterno o il rivenditore ne sia a conoscenza,
  • ma anche della composizione di tutti quei prodotti “imballati” o sfusi
    • che non rivelino esteriormente alcun vizio e per i quali l’analisi o qualsiasi appropriato controllo si risolverebbe per l’estrema deperibilità del prodotto, nell’incommestibilità di esso e in pratica nell’impossibilità di immetterlo al consumo.

Tuttavia,

  • è richiesto che il commerciante abbia adottato tutte le cautele necessarie, affinché’ possa far affidamento sulla conformità a legge del prodotto
    • sia dal punto di vista igienico-sanitario per la sua conservazione ed esposizione alla vendita
    • sia sotto il profilo dei controlli esperibili.

L’unico limite all’applicazione dell’articolo 19 L. n. 283 del 1962

La sentenza della Corte di Cassazione n. 26278/2023 ricorda l’unico limite che la giurisprudenza ha individuato all’applicazione dell’articolo 19 l. n. 283 del 1962: il caso di prodotti alimentari provenienti da produttore straniero.

Ciò in quanto, si legge, in tal caso non vi può essere certezza del rispetto delle prescrizioni imposte dalla legge italiana per prevenire il pericolo di frode o di danno alla salute del consumatore (ex plurimis, Corte Cass. n. 7383/2014).

IL PRINCIPIO DI COLPEVOLEZZA QUALIFICATA

La Corte di Cassazione con la sentenza n. 26278/2023, ribadisce che il disposto di cui all’art. 19 l. 283/1962 ha la funzione di delimitare ulteriormente l’area della responsabilità penale, e di richiedere, per le ipotesi da essa previste, una colpevolezza “qualificata”, costituita dalla conoscenza della violazione delle prescrizioni in materia di igiene degli alimenti o dalla omessa considerazione di segni di alterazione presenti sulla confezione originale.

E a questo punto, il discrimen potrebbe incentrarsi sui segni di alterazione.

Nella nozione di “segni di alterazione” presenti sulla confezione originale, si legge in sentenza, rientrano anche quegli elementi indicativi della violazione di prescrizioni in materia di igiene degli alimenti constatabili sulla base di un esame esterno della confezione, siccome desumibili dalla stessa e attraverso la stessa.

Ma non è la mera possibilità di constatazione un elemento sufficiente ai fini della integrazione del necessario coefficiente di colpevolezza, quando difettino percepibili “segni di alterazione”.

Tale il principio di diritto enunciato dalla Suprema Corte e rimandato al giudice del rinvio per la valutazione della fattispecie.

Corte di Cassazione, sez. 3 penale – Sentenza 19 giugno 2023 n. 26278 - Massima ufficiale  In tema di disciplina degli alimenti, ai fini della affermazione di responsabilità del commerciante per le contravvenzioni di cui agli artt. 5 e 6 legge 30 aprile 1962, n. 283, nel caso di prodotti distribuiti in confezioni originali, affetti da vizi attinenti ai loro requisiti intrinseci o alla loro composizione o alle condizioni interne dei recipienti, è richiesta, per effetto dell'esimente di cui all'art. 19 legge cit., una colpevolezza "qualificata", derivante dalla conoscenza dell'avvenuta violazione delle prescrizioni in materia di igiene degli alimenti o dall'omessa considerazione di segni di alterazione presenti sulla confezione originale, constatabili in base ad un esame esterno.

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