PROBIOTICI O FERMENTI LATTICI? DEFINIZIONI ED ETICHETTE

I probiotici ed il microbioma: premessa scientifica e contesto normativo. La definizione per gli Enti preposti. Etichettatura e raccomandazioni.
Pubblicato su Settembre 29, 2023, 7:02 pm
19 mins
Pubblichiamo un estratto di una esaustiva analisi del tema ad opera del prof. Claudio Biagi, pubblicata sulla nostra Rivista, MICROBIOTA, VITAMINE E INFIAMMAZIONE. LA MODULAZIONE DELLA INTERLEUCHINA 17. In questo articolo, in particolare, evidenziamo gli aspetti relativi alla definizione di fermenti e probiotici ed alla normativa ad essi riferita anche in punto di etichettatura. In calce un approfondimento della Redazione sui riferimenti normativi

Secondo alcuni pareri di operatori sanitari presenti sul web, che riflettono una opinione abbastanza diffusa, i cosiddetti fermenti andrebbero assunti

  • non in via preventiva da persone senza problemi intestinali (per non alterare l’equilibrio del microbiota)
  • per alcune settimane (al fine di ottenere benefici persistenti) e comunque senza indicazioni generali essendo diverse le tipologie di prodotti (su indicazioni di uno specialista)
  • solo in caso di problemi digestivi (stipsi, colite, gonfiore, ecc., ciascuno richiedente ceppi specifici)
  • taluni ceppi anche in certe dermopatie (es. allergiche) o in caso di stress.

Spesso si utilizza ancora, in modo poco accurato, il termine fermenti lattici accanto a quello di probiotici, confondendo prodotti e finalità diverse, come quelle alimentari, salutistiche e terapeutiche.

Si tratta infatti di una materia in rapida evoluzione, nella quale le conclusioni sono necessariamente provvisorie e soggette a continue revisioni sperimentali.

Microbiota e microbioma, partiamo da qui

Dai primi anni del 2000 le ricerche sul tema delle popolazioni batteriche presenti nell’organismo umano hanno avuto una crescita esponenziale e non cessano di illustrare continuamente aspetti nuovi, anche e soprattutto grazie a nuove metodiche sofisticate di indagine come la NGS (Next Generation Sequencing) o sequenziamento massivo parallelo.

Nell’ormai lontano 2007 l’Istituto Nazionale della Salute Americano lanciava l’HMP (Human Microbiome Project) o Progetto Microbioma Umano (derivato dal progetto genoma umano) per il sequenziamento del genoma microbico prelevato da 250 adulti considerati sani (con tutte le riserve legate alla influenza dei fattori ambientali e dietetici sul loro microbiota).

Il primo dato che emerse fu che le differenze tra i microbiomi individuali superavano di gran lunga le differenze genetiche.

L’HMP è stato articolato in due fasi

  • HMP1: microbioma del sano (volto a individuare il “core” o nucleo costante del microbioma umano)
  • iHMP: microbioma del malato (e sulla predisposizione a malattie), soprattutto in relazione a
    • + gestante e nascituro
    • + patologie infiammatorie croniche intestinali
    • + diabete 2.

In effetti il contributo del microbioma (nominato per la prima volta nel 2006) a varie patologie come

  • gastrointestinali
  • cardiovascolari, dismetaboliche
  • immunitarie
  • urogenitali, respiratorie, dermatologiche
  • neurologiche

sembra essere, alla luce delle evidenze crescenti, non trascurabile.

Microbiota sano?

In ogni caso a tutt’oggi non esiste una definizione comunemente accettata di microbiota sano e l’argomento è ancora oggetto di dibattito.

Il microbioma indica

  • genericamente il “bioma” cioè l’insieme di tutte le forme di vita microscopiche che vivono in forma comunitaria e sinergica nell’ecosistema rappresentato dal nostro organismo,
  • secondo alcuni il bioma e l’insieme di sostanze prodotte da tale bioma;
  • più specificamente l’enorme corredo genico posseduto da tali forme di vita (e non completamente espresso).

In buona sostanza il microbiota si riferisce alle specie di microorganismi presenti, il microbioma al complesso della loro attività; il che vuol dire che persone diverse pur avendo un microbiota molto differente in realtà hanno attività enzimatiche e metaboliche simili, in altre parole alcune trasformazioni utili all’ospite possono essere eseguite da batteri diversi.

Il microbioma va considerato, a tutti gli effetti, un organo vitale per l’organismo umano del peso di circa 1,5 chilogrammi (possedendo un numero di unità di gran lunga superiore all’intero numero di cellule viventi nel corpo umano); tutte le specie viventi ospitano comunità microbiche che ne consentono la sopravvivenza (es. mediante attività enzimatiche e/o metaboliche) e la coevoluzione.

Il microbioma varia in relazione a fattori come

  • eta’, sesso, fattori genetici
  • distretto colonizzato
  • ritmi circadiani e stagionalita’
  • regime alimentare

Numerose patologie umane sono in effetti correlate ad una disbiosi intestinale (anche se il senso di questa relazione è ancora frutto di indagine) come

  • dismetabolismi (diabete2, obesità, steatosi epatica non alcolica, ecc.)
  • patologie autoimmuni come artrite reumatoide o psoriasica, sclerosi multipla, lupus eritematoso, ecc.
  • parodontopatie.

Purtroppo, tale correlazione raramente è indagata approfonditamente, consentendo eventuali sviluppi in campo diagnostico e/o terapeutico.

La modulazione del microbiota intestinale, ad esempio, sembra poter esercitare azioni dirette o indirette (sul microambiente) sulla nascita e lo sviluppo di processi tumorali sia di tipo solido che emopoietico; inoltre lo studio accurato del microbiota potrebbe fornire risposte preziose sulla potenziale risposta a certe terapie (es. inibitori del check-point immunitario inibitorio).

I PROBIOTICI

Esistono vari prodotti denominati probiotici soggetti a varie normative nazionali e comunitarie, il che può favorire la confusione nel consumatore (ed anche nel dispensatore)

  • alimenti
  • farmaci
  • dispositivi medici
  • integratori alimentari o dietetici (i più numerosi)
  • alimenti a fini medici speciali (da usare sotto controllo medico per la gestione di determinati pazienti) con diversa disciplina regolatoria, destinazione d’uso e diverse, talvolta, vie di somministrazione.

I “fermenti lattici” sono invece genericamente batteri (Lactobacillus, Lactococcus, Pediococcus, Enterococcus, Streptococcus, ecc.) in grado di trasformare il lattosio del latte e che sono tipici dei cibi fermentati (caeari e non caseari); alcuni fermenti lattici esercitano anche un effetto probiotico

  • favorendo la sintesi di acido lattico
  • esercitando effetti benefici sulla salute dell’ospite, ad es. attraverso le sostanze prodotte (effetto bioattivo).

Si tratta di un mercato molto eterogeneo, tendenzialmente in crescita e la farmacia è considerato il canale principale per la dispensazione.

Un quadro normativo?

Il termine probiotico nacque nel 1965 evidenziando come certi ceppi batterici producessero in coltura fattori di crescita utili per altri microorganismi e solo nel 2002 OMS e FAO lo ripresero ma in un ambito diverso.

Una indagine condotta dalla SIFAC (Societa’ Italiana di Farmacologia Clinica) condotta direttamente su > 250 farmacisti ha evidenziato che

  • oltre i 4/5 dei farmacisti consigliano i probiotici (mercato in crescita)
  • oltre 3/4 dei farmacisti affermano di non avere avuto una formazione universitaria adeguata sul tema per cui e’ frutto di un interesse personale sul tema (circa 2/3 degli intervistati si basa soprattutto sulla scheda tecnica dei prodotti)
  • Un sondaggio europeo del 2022 su quasi 12 mila partecipanti indicava che
  • oltre il 10 % degli intervistati dichiarava di consumare stagionalmente probiotici
  • oltre 2/3 dei consumatori di probiotici dichiaravano di assumerli soprattutto per migliorare la salute gastrointestinale.

In realtà manca un quadro di riferimento generale basato su evidenze scientifiche, quello che la SIFAC ha inteso presentare alla luce delle più aggiornate linee guida EFSA.

Manca anche un assetto normativo condiviso tra le diverse istituzioni regolatorie mondiali, per cui uno stesso prodotto può essere classificato diversamente da FDA o EMA.

La definizione dei probiotici per gli Enti preposti

Veniamo alla definizione FAO-OMS condivisa a livello internazionale (e alla base di varie normative nazionali e comunitarie) sui probiotici in quanto prodotti contenenti

  • microorganismi vivi e vitali; il fatto che siano vivi ne assicura la capacità riproduttiva ma la vitalità ne assicura anche l’efficienza metabolica (anche a seguito della conservazione corretta e del passaggio gastrointestinale); il tipo di formulazione scelta (es. gastroprotetta) e’ fondamentale ai fini della vitalità;
  • con adeguato e definito numero di ceppi, in quantità adeguate; secondo le linee guida ministeriali il quantitativo minimo standard (per raggiungere una concentrazione adeguata nel sito target) e’ di 1 miliardo (cellule vive) /ceppo/die per ottenere una colonizzazione, sia pure temporanea, dell’intestino; tale quota deve essere assicurata fino alla scadenza del prodotto;
  • con corrispondente ragionevole aspettativa di benefici per l’ospite; non ne viene escluso un impiego alimentare.

Per l’ISAPP (Ass. Scient. Internaz. per i Probiotici e i Prebiotici, una associazione istituita e sostenuta dai produttori) vanno distinti più precisamente

  • prodotti vivi ma non probiotici (es. fermenti lattici degli alimenti);
  • probiotico alimentare o integratore probiotico senza esplicite e specifiche indicazioni salutistiche; si richiedono solo requisiti minimi di vitalità;
  • probiotico alimentare o integratore probiotico con indicazioni salutistiche esplicite (e specifiche); si richiede, oltre alla vitalità entro i limiti di conservazione, l’identificazione del ceppo (o della miscela di ceppi), il supporto di evidenze cliniche pubblicate (anche osservazionali);
  • farmaco probiotico: ha specifiche indicazioni per prevenire o trattare una certa malattia; oltre alle specifiche precedenti vanno indicati anche benefici e rischi-effetti collaterali eventualmente collegati alla assunzione; le evidenze cliniche a supporto devono derivare da trial clinici controllati.

Secondo l’EFSA (ma non secondo il nostro Ministero della Salute che richiede la sola documentazione della capacità di colonizzazione) incrementare le popolazioni batteriche positive senza contemporaneamente diminuire le popolazioni potenziali patogene e opportuniste non può essere considerato benefico per la salute.

Bisogna considerare, per obiettività, che le popolazioni gram negative e proinfiammatorie hanno una elevata capacità di colonizzazione e non è semplice sostituirle con nuove specie utili; le evidenze cliniche hanno mostrato in effetti come i soggetti considerati sani possano talvolta anche essere resistenti ai trattamenti con probiotici (con tutti i limiti di rappresentatività connessi al campionamento fecale), probabilmente a causa del microbiota preesistente; in ogni caso si ammette una certa plasticità del microbiota ai cambiamenti.

Le comunità microbiche riferibili a un determinato distretto si possono comporre di diversi consorzi o cluster batterici denominati CST (Community State Type) ciascuno dominato da determinate specie batteriche ben precise. Talora un CST viene suddiviso ulteriormente in sottotipi.

Una più o meno rilevante riduzione della biodiversità e la perdita di certe specifiche popolazioni è spesso correlata ad un aumento di probabilità di evoluzione verso squilibri patologici.

Le linee guida in Italia: probiotici e prebiotici

In Italia le prime linee guida sull’argomento risalgono al 2005 e successivamente sono state aggiornate (es. nel 2013 e nel 2018), fanno riferimento solo ad alimenti ed integratori, mentre quelle internazionali FAO-OMS 2001 no.

Etichetta a norma nazionale e comunitaria dovrebbe indicare

  • genere, specie e ceppo specifico tassonomicamente definiti (almeno fino al livello di specie, ai fini della ricerca di informazioni sulla sicurezza)
  • numero di cellule vitali di ciascun ceppo al termine del tempo di conservazione stabilito dal produttore (shelf-life)
  • indicazione d’uso
  • dosi consigliate per la specifica indicazione
  • modalità di conservazione
  • contatti col produttore

in realtà spesso non rispettata, secondo una indagine ISS del 2010; ciò è anche dovuto alle carenze nella loro standardizzazione legata ai controlli di qualità da applicare in produzione al fine di assicurare

  • funzionalità
  • stabilità
  • sicurezza.

Invece un prebiotico è

  • costituente alimentare non vitale (spesso oligosaccaridi o polisaccaridi come FOS o frutto-oligosaccaridi e GOS galatto-oligosaccaridi)
  • substrato in grado di modulare le popolazioni probiotiche
  • in grado di offrire benefici alla salute dell’ospite;

questa è sostanzialmente anche la definizione ISAPP del 2016.

Se tutti i prebiotici sono da considerare fibre alimentari non tutte le fibre alimentari hanno un ruolo prebiotico.

Se la biodiversità del microbiota è da considerare un indicatore di salute per il microbiota stesso ne consegue che la biodiversità dei probiotici (sostanzialmente molecole polisaccaridiche) provenienti dal regime alimentare è fondamentale.

Il recupero di specie vegetali alimentari del passato dovrebbe essere parte di una strategia complessiva di ottimizzazione del regime alimentare.

SIMBIOTICI e POSTBIOTICI

I simbiotici sfruttano la sinergia di prebiotici e probiotici: secondo la definizione ISAPP del 2019 esso indica infatti una miscela di

  • microorganismi vivi
  • substrati utilizzabili dal microbiota dell’ospite
  • in grado di conferire benefici alla salute.

Un simbiotico non necessariamente è sinergico (cioè il prebiotico apportato non necessariamente è utilizzato dal probiotico presente nelle formulazione) per cui viene definito semplicemente simbiotico complementare.

Il rischio di associare troppi microorganismi tra loro (eventualmente associati anche a estratti vegetali e/o vitamine) è di creare incompatibilità non facilmente prevedibili (es. antagonismi per gli stessi substrati), problemi di stabilità e l’attenuazione della carica batterica utile.

I fermenti tindalizzati sono fermenti lattici (probiotici produttori di acido lattico) sottoposti a particolari trattamenti fisici (“heat killed“) che ne impediscono la vitalità microbica; non sono da considerare propriamente probiotici ma para-probiotici o postbiotici, ammesso che abbiano dimostrato effetti positivi e benefici sulla salute dell’ospite.

In certi disturbi gastrointestinali e metabolici, a seguito della somministrazione di probiotici, sono stati registrati benefici clinici (sulla base della misurazione di specifici parametri) e cambiamenti nel microbiota che, tuttavia, non sempre sono associati a un beneficio negli esiti clinici.

Nel campo della prevenzione, invece, le evidenze cliniche risultano ancora piuttosto scarse e i cambiamenti nel microbiota in soggetti considerati sani non sono facilmente raggiungibili (revisione sistematica del 2016).

Utilità dei probiotici in soggetti considerati sani. Considerazioni

L’utilità dei probiotici in soggetti considerati sani è, in ogni caso, ancora oggetto di dibattito e di ricerche, considerato

  • l’eterogeneità dei prodotti impiegati, della dose e della durata del trattamento (necessaria maggiore standardizzazione)
  • l’eterogeneità delle diete adottate dai soggetti
  • i limiti della campionatura fecale
  • la variabilità del microbiota iniziale individuale, della sua resistenza ai cambiamenti e della eventuale conseguente risposta individuale
  • i limiti legati alla persistenza degli effetti ed al periodo di osservazione
  • limiti legati ai parametri sistemici osservati (es. parametri legati al sistema immunitario, incidenza di episodi patologici, ecc.).

RIFERIMENTO NORMATIVO A CURA DELLA REDAZIONE

Il Ministero della Salute ha ritenuto che l’indicazione di un probiotico “per il riequilibrio della flora intestinale” o di un prebiotico per un effetto fisiologico sull’equilibrio della flora batterica – purché alle condizioni delle linee guida pubblicate -, non risulta essere un claim sulla salute assoggettato alla procedura di cui all’articolo 13.5 del Regolamento (CE) 1924/2006.

I prodotti conformi alle linee guida, pertanto, per il loro contenuto di probiotici o prebiotici, risultando plausibilmente in grado di favorire l’equilibrio della flora batterica, possono indicare in etichetta tale effetto fisiologico ed impiegare termini che lo sottendono come “probiotico” e “prebiotico”.

L’indicazione d’uso concessa in presenza dei requisiti dispostiè “Favorisce l’equilibrio della flora intestinale”

Linee guida probiotici e prebiotici. Indicazioni per alimenti e integratori contenenti microrganismi (batteri e/o lieviti) probiotici, o sostanze prebiotiche, tradizionalmente utilizzati per gli equilibri della flora intestinale (Min. Salute, ultimo agg. 2018)

MICROBIOTA, VITAMINE E INFIAMMAZIONE. LA MODULAZIONE DELLA INTERLEUCHINA 17

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Claudio Biagi

Docente a contratto Cattedra di Farmacologia e Doping UNICUSANO Docente a contratto Master in Fitoterapia Clinica II Liv. e Master in Nutrizione Clinica Accademico del Nobile Collegio Chimico-Farmaceutico Membro del Direttivo Futurpharma Ass. Farmacisti Gia' docente in Chimica e Tecnologie Chimiche Consulente Scientifico e Farmacista Gia' docente SMB Italia

Docente a contratto Cattedra di Farmacologia e Doping UNICUSANO Docente a contratto Master in Fitoterapia Clinica II Liv. e Master in Nutrizione Clinica Accademico del Nobile Collegio Chimico-Farmaceutico Membro del Direttivo Futurpharma Ass. Farmacisti Gia' docente in Chimica e Tecnologie Chimiche Consulente Scientifico e Farmacista Gia' docente SMB Italia