Pubblicato il 31 gennaio il Rapporto di ISMEA sulla gestione del rischio nella percezione delle grandi aziende agricole assicurate.
Le risultanze derivano da un’indagine condotta dall’istituto su un panel di 500 operatori del settore agricolo con valori assicurati superiori a € 300.000.
Il dato che emerge è una diffusa consapevolezza tra gli operatori sull’importanza di adottare strumenti di prevenzione/tutela dei rischi, tanto climatici quanto economico-finanziari.
Indiscussa la centralità attribuita alla polizza assicurativa agevolata come strumento di copertura delle perdite di produzione provocate dagli eventi atmosferici avversi.
Dalle dichiarazioni ricevute, è emerso anche che il contributo pubblico (che può raggiungere il 70% sul premio) costituisce certamente un incentivo, ma non la motivazione della scelta. In assenza del medesimo oltre la metà delle aziende continuerebbe ad avvalersi dello strumento.
Tra le soluzioni per incentivare il ricorso alle assicurazioni agricole agevolate viene individuata da un’azienda su quattro individua la semplificazione nonché trasparenza dei contratti assicurativi.
Tra gli elementi di criticità, invece, le franchigie e le modalità di perizia che meriterebbero, per gli intervistati, correttivi e revisione.
La polizza agricola non alza lo “standing” creditizio delle aziende
Il 75% degli intervistati sorprendentemente ritiene
che “la polizza agricola non migliora il merito creditizio delle aziende, in un
contesto operativo in cui le modalità di concessione dei prestiti bancari
risultano ancora sbilanciate su schemi tradizionali, basati essenzialmente
sulla richiesta di garanzie reali e fideiussorie. Se valutata in sede di
istruttoria, tuttavia, la polizza assume un ruolo significativo nella
concessione del credito o nell’erogazione di un importo addirittura superiore a
quello altrimenti ottenibile”.
Poco noti gli strumenti innovativi, e da chi li conosce emerge una prevalente
diffidenza verso le polizze parametriche (che per il calcolo dell’indennizzo
fanno riferimento a un indice predeterminato), mentre la poco diffusa polizza
ricavo (a copertura anche del rischio prezzo) presenta un elevato potenziale di
sviluppo.
Poco conosciuti anche i fondi di mutualizzazione (tre su quattro degli intervistati li ignorano), ritenuti utili prevalentemente se combinati con una polizza tradizionale.
Coperture assicurative ad hoc per l’agricoltura biologica
Il 45% degli intervistati ritengono che sia opportuno introdurre una polizza specifica per le produzioni biologiche, precisando che sia necessario alzare il livello di attenzione sulla valutazione del danno qualitativo, fermo restando che anche la volatilità dei prezzi e la perdita quantitativa di resa contribuiscono alla valutazione del danno.
Un dato importante rilevato dall’indagine ISMEA è il diffuso consenso “sull’ipotesi di introdurre, con la riforma della Politica agricola comune, una copertura obbligatoria contro gli eventi catastrofali (gelo, siccità e alluvione) a garanzia di tutte le aziende agricole italiane, fenomeni meno frequenti della grandine o dell’eccesso di pioggia, ma con potenziali di danno molto elevati”.
Emerge, in particolare, una diffusa consapevolezza della necessità di potenziare, attraverso nuovi strumenti, la resilienza ambientale ed economica delle aziende agricole e di aumentare la conoscenza e più in generale la cultura della prevenzione dei rischi idiosincratici, legati a fattori esogeni difficilmente preconizzabili.
Il Rapporto ISMEA conclude attestando che le indicazioni emerse “sono in linea con le raccomandazioni espresse dalla Corte dei Conti europea nella relazione speciale sulla gestione del rischio (IT 2019 n. 23) che, fra le altre cose, segnala la disponibilità di un’ampia gamma di strumenti per stabilizzare il reddito delle imprese a fronte, tuttavia, di un limitato utilizzo e di alcuni squilibri applicativi settoriali e territoriali che richiedono un approccio più omogeneo ed efficiente nel prossimo futuro”.
I numeri del rapporto ISMEA
- l’83% dei capi azienda intervistati sono di sesso maschile;
- il 46,2% degli intervistati ha un’età tra i 40 e i 55 anni, mentre il 27% tra 56 e 65; significativa la quota di imprenditori under 40, pari al 14,6%;
- Il 58,6% possiede il diploma di scuola media superiore ed il 27,6% quello di laurea;
- I comparti maggiormente rappresentati attengono ai settori vitivinicolo (24%) e della frutta fresca (21%); al 15% cereali al pari con gli ortaggi; le foraggere, le colture industriali e il florovivaismo sono rappresentati in una misura compresa tra il 4% e il 7%; quote inferiori per i settori colture da biomassa, coltivazioni da seme, frutta secca, agrumi e olivicolo;
- Sulla distribuzione territoriale, sono più assicurate le regioni del Nord Italia: il 16% del campione è costituito, rispettivamente, da aziende del Veneto e della Lombardia, mentre l’Emilia-Romagna si attesta su un’incidenza del 13,6%, seguita dalla Toscana all’11,8%;
- Il 56% delle imprese intervistate ha una superficie di oltre 100 ettari, il 20% tra i 50 e i 100; al contrario, a livello nazionale il 60% circa delle aziende agricole non supera i 5 ettari di superficie;
- Le imprese agricole del campione registrano livelli di fatturato elevati, ed il 46% dei casi supera la soglia del milione di euro di fatturato;
- Quanto alle forme giuridiche, prevalgono nel panel dell’indagine le imprese individuali (32%) e le società semplici (46,2%).
- Oltre metà delle aziende impiega soltanto tecniche di produzione convenzionale; il 7,2% sono imprese biologiche e l’8,4% appartiene al circuito delle DOP/IGP. Il resto del campione utilizza sistemi produttivi misti, in cui prevalgono le imprese con produzioni convenzionali e tutelate da marchi di qualità.