Roma città d’acqua

Un percorso storico nella risorsa acqua, in occasione della 29esima giornata Mondiale dell’Acqua: acquedotti, sorgenti e fontane nella Città eterna.
Pubblicato su Marzo 21, 2023, 10:51 pm
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Pensiamoci insieme un attimo: acqua e cibo sono decisamente legati. Non esiste cibo senza acqua.

Cogliamo allora l’occasione della giornata Mondiale dell’Acqua 2021 che si celebra il 22 marzo, per affrontare, con la solita leggerezza della nostra rubrica, il tema Acqua e Roma.

Roma galleggia sull’acqua. È una delle poche grandi città che ha potuto godere di un approvvigionamento sostenibile fin dalla antichità, nel tardo IV secolo AC, quando si avviarono le costruzioni dei primi acquedotti.

Il merito è del sottosuolo e del territorio vulcanico che la circonda, che si è trasformato in una inesauribile  origine di fonti e sorgenti: dai Colli Albani a sud e i Monti Sabatini a nord, l’anello virtuoso si chiude quindi ad est con gli Appennini centrali tra Lazio e Abruzzo.

Roma, città di fontane e sorgenti

Roma, città di fontane e di sorgenti: dai gioielli Settecenteschi e del Barocco noti nel mondo intero, fino a sorgenti più intimamente nascoste e spesso ormai precluse alla possibilità di conoscenza a causa dello sviluppo urbanistico.

Gianicolo, Campidoglio, Quirinale, Vaticano, Celio, ciascuno di questi Colli era arricchito da almeno una sorgente, utilizzata fin nei tempi antichi.

Un suggerimento: la Chiesa di San Giorgio al Velabro, nei suoi sotterranei, ha custodito una sorgente di acqua minerale che fu un fondamentale approvvigionamento di acqua potabile in età arcaica.

Ci troviamo in un’area ai piedi del Palatino – Germalo, dove in funzione degli scambi commerciali di bestiame e olio favoriti da una migliore possibilità di approdo rispetto al corso del Tevere, nacque e si sviluppò la storia della Città.

La zona in questione è stata molto nota ai giovani ragazzi di Roma fino agli inizi degli anni Novanta perché per anni ha ospitato l’Ufficio Militare di Leva, ora Ufficio Comunale Elettorale.

La stessa, dagli Anni Cinquanta in poi, vede migliaia di turisti interessati a farsi fotografare mentre mettono la mano nella bocca di un tombino di probabile epoca romana, diciamolo più carinamente una caditoia per le acque piovane reflue.

Si, quel “tombino” è noto come Bocca della verità, divenuto celebre grazie ad un fortunato film americano, con i turisti in fila e felici di rivivere l’esperienza hollywoodiana ma a volte ignari dell’importanza storica del luogo ove si trovano.

Gli acquedotti romani

Abbiamo parlato di fontane, torniamo ora all’altro elemento che ha caratterizzato il paesaggio romano: gli acquedotti.

A partire dal primo la famosa Acqua Appia – completato nel 312 AC , costruito da Appio Claudio Cieco e Caio Plauzio per una lunghezza complessiva di circa 15 km, quasi interamente sotterraneo -, Roma arrivò ad averne in funzione ben 11, a rifornire , dati riferiti al III secolo DC, circa un milione di abitanti con oltre diecimila litri di acqua al secondo.

Solo trecento anni dopo – dopo anni tragici in cui guerre, saccheggi, incurie, devastazioni avevano azzerato l’afflusso idrico in città – la popolazione si era ridotta a una cifra stimata tra i dieci e i cinquantamila abitanti, a dimostrazione delle conseguenze del crollo della macchina amministrativa romana.

Il Parco degli Acquedotti

Un suggerimento anche in questo caso: il Parco degli Acquedotti, all’interno di un’area verde del quartiere Appio-Claudio a sud est di Roma, inserita nel perimetro del Parco Regionale dell’Appia Antica ospita.

Il Parco degli Acquedotti valorizza e rende dignità a sei acquedotti, l’ultimo dei quali costruito da Papa Sisto V, grande padre della rinascita post medievale dell’urbanistica rinascimentale romana (la via Sistina ha questo nome non per caso…) in favore dei pellegrini che arrivavano in Città.

Una curiosità: nel Parco scorre la parte visibile di un canale di irrigazione voluto dal Papa Calisto II nella metà del 1100 per rimpiazzare gli ormai interrotti acquedotti.

Egli volle dedicare piamente questo fosso alla protezione di Maria, per cui l’acqua si chiamò Acqua Mariana, da cui il termine “marana” reso noto in tutta Italia da una celebre scena di un giovane Alberto Sordi in versione Yankee.

A Roma il termine marana ha indicato per anni questo tipo di fossi, purtroppo in seguito degenerati in raccolte fognarie con l’inurbamento intensivo.

Altri tratti di acquedotto romano possono, inoltre, osservarsi sulla via Aurelia antica, all’altezza di Villa Pamphili, al Celio su via Claudia e a via San Gregorio, oltre che in zona San Giovanni e Tuscolana.

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Redazione