La Corte di Giustizia, con sentenza depositata in data 12 settembre 2019 nel procedimento riunito n. 198/2018, si è pronunciata in merito alla richiesta di pronuncia pregiudiziale ex art. 267 TFUE proposta con ordinanza n. 938/2018 del Consiglio di Stato, sulla tariffa controlli sanitari ufficiali .
La domanda di pronuncia pregiudiziale verteva sull’interpretazione dell’articolo 27 del regolamento (CE) n. 882/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo ai controlli ufficiali intesi a verificare la conformità alla normativa in materia di mangimi e di alimenti e alle norme sulla salute e sul benessere degli animali (GU 2004, L 165, pag. 1, e rettifica in GU 2004, L 191, pag. 1).
La questione sorta sulla tariffa controlli sanitari ufficiali
La controversia ha ad oggetto i controlli veterinari ufficiali, di cui al regolamento (CE) n. 882/2004 per la verifica del rispetto della normativa in materia.
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Il contenzioso prende il via dalla delibera della Giunta dell’Emilia Romagna n. 1844 del 2011 del 12 dicembre 2011, pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione Emilia-Romagna n. 3 del 4 gennaio 2012 che ha così disposto: “1. Di stabilire, per le motivazioni indicate in premessa e tenuto conto in particolare delle disposizione di cui alla L. 96/2010, che, nell’ambito delle sole attività ricomprese nella sezione VI del Decreto legislativo 194/2008, sono esclusi dal pagamento delle tariffe di cui al Decreto medesimo, gli imprenditori agricoli come definiti dall’art. 2135 del Codice Civile, operatori che non sono specificatamente vincolati al pagamento di tariffe dal Regolamento (CE) 882/2004” (ovvero gli stabilimenti non ricompresi nell’allegato IV sezione B del regolamento CE n. 882/2004). Conseguentemente sono tenuti al pagamento delle predette tariffe tutti gli operatori che si occupano delle attività da 1 a 5 delle sezioni impianti di macellazione, sezionamento, centri di lavorazione della selvaggina cacciata, produzione di latte, all’immissione in commercio dei prodotti della pesca e dell’acquicoltura”.
Alcune imprese agricole operanti nell’ambito dell’allevamento, della macellazione e della commercializzazione del pollame, risultando assoggettate al pagamento della tariffa controlli sanitari ufficiali, hanno impugnato al T.A.R. Emilia Romagna la delibera e con esso i relativi atti di addebito.
Il Giudice di primo grado ha rigettato la domanda, richiamando la normativa comunitaria che non consente agli Stati membri di prevedere alcuna deroga all’obbligo di pagamento delle tariffe veterinarie.
L’ordinanza di rimessione della questione pregiudiziale
Il Consiglio di Stato, cui le imprese si sono rivolte per appellare il rigetto, ha rimesso la questione pregiudiziale alla Corte di Giustizia UE, chiedendo nello specifico l’interpretazione della normativa.
La normativa nazionale e europea
In primis, il Supremo Giudice amministrativo ha ripercorso le fonti normative nazionali e sovranazionali in materia di controlli sanitari ufficiali, così riassumendole
- articolo 1 del d.lgs. n. 194/2008, recante la “Disciplina delle modalità di rifinanziamento dei controlli sanitari ufficiali in attuazione del regolamento (CE) n. 882/2004” delimita il “Campo di applicazione” nei seguenti termini:
- “1. Il presente decreto stabilisce le modalità di finanziamento dei controlli sanitari ufficiali, disciplinati al titolo II del regolamento (CE) 882/2004, eseguiti dalle autorità competenti per la verifica della conformità alla normativa in materia di mangimi e di alimenti e alle norme sulla salute e sul benessere degli animali.
- Per il finanziamento dei controlli di cui al comma 1, si applicano le tariffe previste negli allegati al presente decreto, secondo le modalità di cui all’articolo 2.
- Le tariffe di cui al presente decreto, che sostituiscono qualsiasi altra tariffa prevista per i controlli sanitari di cui al comma 1, sono a carico degli operatori dei settori interessati dai controlli di cui al comma 1. […]”.
- La legge n. 96 del 2010 apporta alcune modifiche al d. Lgs. n. 194 del 2008 nei seguenti termini:
- L’articolo 48 “(Riconoscimento delle navi officina e navi frigorifero nonché modifica all’articolo 1 del decreto legislativo 19 novembre 2008, n. 194)” dispone: “[…] 5. Al fine di dare corretta applicazione alle disposizioni di cui al regolamento (CE) n. 882/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, e prevenire disparità di trattamento sul territorio nazionale, all’articolo 1 del decreto legislativo 19 novembre 2008, n. 194, dopo il comma 3 è aggiunto il seguente: “3-bis. Sono esclusi dall’ambito di applicazione del presente decreto gli imprenditori agricoli per l’esercizio delle attività di cui all’articolo 2135 del codice civile.”.
- La legge 8 novembre 2012 n. 189, di conversione al decreto legge 13 settembre 2012 n. 158, all’art. 8 recante “Norme in materia di sicurezza alimentare e di bevande”, comma 14, dispone: “All’articolo 1, comma 3-bis del decreto legislativo 19 novembre 2008, n. 194, è aggiunto in fine il seguente periodo: «L’esclusione si applica per le attività di cui all’allegato A, Sezione 8, sempre che siano esercitate nei limiti delle fasce ivi previste.»”.
- La Sezione 8 dell’allegato A del d.lgs. 194/2008, a sua volta introdotta con il citato decreto legge n. 158/2012, si riferisce ad alcune tipologie di impianti – impianti di macellazione, impianti di sezionamento, etc. – indicando per ciascuna tipologia il limite dimensionale (c.d. “fascia”) entro il quale si applica il beneficio dell’esenzione. Così, per gli impianti di macellazione di suini l’esenzione spetta solo alle imprese che lavorano annualmente non più di 1000 capi; per gli impianti di macellazione di polli il limite è di 150.000 capi annui, e così via”.
- Il regolamento CE n. 882/2004 dispone al Capo VI, relativo ai “Finanziamenti dei controlli ufficiali”:
- Articolo 26 Principi generali – Gli Stati membri garantiscono che per predisporre il personale e le altre risorse necessarie per i controlli ufficiali siano resi disponibili adeguati finanziamenti con ogni mezzo ritenuto appropriato, anche mediante imposizione fiscale generale o stabilendo diritti o tasse”. “Articolo 27 Tasse o diritti – 1. Gli Stati membri possono riscuotere tasse o diritti a copertura dei costi sostenuti per i controlli ufficiali. 2. Tuttavia, per quanto riguarda le attività di cui all’allegato IV, sezione A, e all’allegato V, sezione A, gli Stati membri assicurano la riscossione di una tassa. 3. Fatti salvi i paragrafi 4 e 6, le tasse riscosse per quanto riguarda le attività specifiche di cui all’allegato IV, sezione A, e all’allegato V, sezione A, non sono inferiori agli importi minimi specificati nell’allegato IV, sezione B e nell’allegato V, sezione B. Tuttavia, per un periodo transitorio fino al 1° gennaio 2008, per quanto riguarda le attività di cui all’allegato IV, sezione A, gli Stati membri possono continuare a utilizzare gli importi attualmente applicati ai sensi della direttiva 85/73/CEE. Gli importi di cui all’allegato IV, sezione B, e all’allegato V, sezione B, sono aggiornati almeno ogni due anni secondo la procedura di cui all’articolo 62, paragrafo 3, in particolare per tenere conto dell’inflazione. 4. Le tasse riscosse ai fini di controlli ufficiali a norma dei paragrafi 1 o 2: a) non sono superiori ai costi sostenuti dalle autorità competenti in relazione ai criteri elencati all’allegato VI, e b) possono essere fissate forfettariamente sulla base dei costi sostenuti dalle autorità competenti in un determinato arco di tempo o, ove applicabili, agli importi stabiliti all’allegato IV, sezione B o all’allegato V, sezione B. 5. Nel fissare le tasse gli Stati membri tengono conto dei seguenti elementi: a) il tipo di azienda del settore interessata e i relativi fattori di rischio; b) gli interessi delle aziende del settore a bassa capacità produttiva; c) i metodi tradizionali impiegati per la produzione, il trattamento e la distribuzione di alimenti; d) le esigenze delle aziende del settore situate in regioni soggette a particolari difficoltà di ordine geografico. 6. Qualora, in considerazione dei sistemi dei controlli effettuati in proprio, e di rintracciamento attuati dalle aziende del settore dei mangimi e degli alimenti, nonché del livello di conformità rilevato durante lo svolgimento dei controlli ufficiali, per quanto riguarda un determinato tipo di mangime o alimento o di attività, i controlli ufficiali si effettuino con frequenza ridotta, oppure al fine di tenere conto dei criteri di cui al paragrafo 5, lettere b), c) e d), gli Stati membri possono fissare la tassa per i controlli ufficiali ad un livello inferiore all’importo minimo di cui al paragrafo 4, lettera b), a condizione che lo Stato membro interessato trasmetta alla Commissione una relazione in cui si specifica: a) il tipo di mangime, alimento o attività interessato, b) i controlli effettuati nell’azienda del settore degli alimenti e dei mangimi interessata e c) il metodo di calcolo della riduzione della tassa. 7. L’autorità competente che effettui contemporaneamente diversi controlli ufficiali in un solo stabilimento, li considera quale attività unica e riscuote un’unica assa. 8. Le tasse per il controllo sulle importazioni sono pagate dall’operatore o dal suo rappresentante all’autorità competente incaricata dei controlli sulle importazioni. 9. Le tasse non vengono rimborsate, direttamente o indirettamente, a meno che non sono state indebitamente riscosse. 10. Fatti salvi i costi derivanti dalle spese di cui all’articolo 28, gli Stati membri non percepiscono nessun’altra tassa oltre a quelle previste nel presente articolo in attuazione del presente regolamento. 11. Gli operatori o altre pertinenti aziende o i loro rappresentanti ricevono prova del loro pagamento delle tasse. 12. Gli Stati membri pubblicano il metodo di calcolo delle tasse e lo comunicano alla Commissione. La Commissione esamina se le tasse sono conformi ai requisiti fissati nel presente regolamento.
- L’allegato IV sez. A riguarda le attività contemplate dalle direttive 89/662/CEE (controlli veterinari scambi carni fresche), 90/425/CEE, 93/119/CE (Controlli veterinari e zootecnici di animali e di prodotti di origine animale destinati agli scambi intracomunitarie), 96/23/CE (concernente le misure di controllo su talune sostanze e sui loro residui negli animali vivi e nei loro prodotti e che abroga le direttive 85/358/CEE e 86/469/CEE e le decisioni 89/187/CEE e 91/664/CEE ) per le quali gli Stati membri riscuotono attualmente tasse ai sensi della direttiva 85/73/CEE (abrogato).
- L’allegato V sez. A riguarda le attività contemplate dalle direttive 97/78/CE (i principi relativi all’organizzazione dei controlli veterinari per i prodotti che provengono dai paesi terzi e che sono introdotti nella Comunità) e 91/496/CEE (principi relativi all’organizzazione dei controlli veterinari per gli animali che provengono dai paesi terzi e che sono introdotti nella Comunità e che modifica le direttive 89/662/CEE, 90/425/CEE e 90/675/CEE ) per le quali gli Stati membri riscuotono attualmente tasse ai sensi della direttiva 85/73/CEE.
La nozione di imprenditore agricolo e le attività agricole “per connessione”
La disamina della normativa è il punto di partenza per individuare esattamente gli obblighi imposti agli Stati dalla normativa comunitaria.
L’attenzione si pone, dunque, una duplice disamina: la possibilità di prevedere esenzioni agli obblighi come sopra imposti e l’esatta individuazione della categoria dell’imprenditore agricolo.
Su quest’ultimo aspetto il Consiglio di Stato ricorda la sentenza della Corte di Cassazione n. 22978/2016, che a mente dell’art. 1, comma 2, del decreto legislativo n. 228 del 2001 ha ritenuto che «i considerano imprenditori agricoli le cooperative di imprenditori agricoli ed i loro consorzi quando utilizzano per lo svolgimento delle attività di cui all’articolo 2135 del codice civile, come sostituito dal comma 1 del presente articolo, prevalentemente prodotti dei soci, ovvero forniscono prevalentemente ai soci beni e servizi diretti alla cura ed allo sviluppo del ciclo biologico».
Il richiamo alle attività di cui all’art. 2135 Codice civile, ovvero alla cura e sviluppo del ciclo biologico, esclude che possa essere qualificato imprenditore agricolo la cooperativa che svolga “solo” attività agricole per connessione.
Si giunge così all’aspetto, per così dire, nevralgico della controversia: è “necessario individuare se la previsione di cui al decreto legislativo n. 194/2008, per come modificata nel 2010, abbia inteso escludere dall’applicazione della tariffa tutti gli imprenditori agricoli, e se nel novero di tale categoria possano comprendersi anche le cooperative che svolgano le attività d’interesse per i controlli per cui è causa, per i soci”.
Pregiudiziale, quindi, per il Consiglio di Stato, l’esatta interpretazione della normativa sovranazionale, dal che la proposizione alla Corte di Giustizia UE di due questioni:
1 – Se l’art. 27 del Regolamento CE, nel prevedere che per le attività di cui all’allegato IV, sezione A, e all’allegato V, sezione A, gli Stati membri assicurano la riscossione di una tassa, deve essere interpretato nel senso di imporre l’obbligo di pagamento a tutti gli imprenditori agricoli anche laddove “svolgono le attività di macellazione e sezionamento delle carni in via strumentale e connessa all’attività di allevamento degli animali”;
2 – Se può uno Stato escludere dal pagamento dei diritti sanitari alcune categorie di imprenditori pur avendo predisposto un sistema di riscossione dei tributi idoneo, nel suo complesso, a garantire la copertura dei costi sostenuti per i controlli ufficiali o applicare tariffe inferiori rispetto a quelle previste dal Regolamento CE n. 822/2004.
La decisione della Corte di Giustizia UE.
La normativa richiamata
La decisione del Giudice Europeo inquadra ancor più esaurientemente il contesto normativo, con richiamo a:
- Direttiva 89/662, come modificata dalla direttiva 2004/41/CE del Parlamento europeo e del Consiglio: gli Stati membri provvedono affinché i controlli veterinari sui prodotti di origine animale disciplinati dagli atti di cui all’allegato A destinati agli scambi non siano più effettuati alle frontiere, ma conformemente alle disposizioni della stessa direttiva;
- Direttiva 93/119/CE: istituiva norme minime comuni per la protezione degli animali durante la macellazione o l’abbattimento, al fine di garantire lo sviluppo razionale della produzione e di agevolare la realizzazione del mercato interno per gli animali e i prodotti di origine animale;
- Direttiva 96/23/CE, art. 3: «La sorveglianza del processo di allevamento degli animali e di prima trasformazione dei prodotti di origine animale per la ricerca dei residui e delle sostanze di cui all’allegato I [di detta direttiva] negli animali vivi, nei loro escrementi e liquidi biologici, nonché nei tessuti, nei prodotti di origine animale, negli alimenti per animali e nell’acqua di abbeveraggio è effettuata secondo le disposizioni del presente capo».
- Regolamento (CE) n. 178/2002, art. 3: «Ai fini del presente regolamento si intend per: 1) “legislazione alimentare”, le leggi, i regolamenti e le disposizioni amministrative riguardanti gli alimenti in generale, e la sicurezza degli alimenti in particolare, sia nella Comunità che a livello nazionale; sono incluse tutte le fasi di produzione, trasformazione e distribuzione degli alimenti e anche dei mangimi prodotti per gli animali destinati alla produzione alimentare o ad essi somministrati; (…) 3) “operatore del settore alimentare”, la persona fisica o giuridica responsabile di garantire il rispetto delle disposizioni della legislazione alimentare nell’impresa alimentare posta sotto il suo controllo; (…) 6) “operatore del settore dei mangimi”, la persona fisica o giuridica responsabile di garantire il rispetto delle disposizioni della legislazione alimentare nell’impresa di mangimi posta sotto il suo controllo»;
- Regolamento n. 853/2004, nella sezione 2 allegato III contiene requisiti applicabili alle carni di pollame nonché di lagomorfi e comprendono, segnatamente, le attività di macellazione e di sezionamento di carne;
- Regolamento n. 882/2004, tra cui i considerando 4, 6 e 32: «(4) La normativa comunitaria in materia di mangimi e di alimenti si basa sul principio che gli operatori del settore dei mangimi e degli alimenti, in tutte le fasi della produzione, trasformazione e distribuzione nell’ambito delle aziende sotto il loro controllo sono responsabili di assicurare che i mangimi e gli alimenti soddisfino i requisiti della normativa sui mangimi e sugli alimenti aventi rilevanza per le loro attività – (6) Gli Stati membri dovrebbero applicare la normativa in materia di mangimi e di alimenti e le norme sulla salute e il benessere degli animali nonché controllare e verificare il rispetto delle pertinenti disposizioni delle medesime da parte degli operatori del settore in tutte le fasi della produzione, della trasformazione e della distribuzione. A tal fine si dovrebbero organizzare i controlli ufficiali. – (32) Per organizzare i controlli ufficiali dovrebbero essere disponibili adeguate risorse finanziarie. Le autorità competenti degli Stati membri dovrebbero pertanto essere in grado di riscuotere tasse o diritti per coprire i costi sostenuti per i controlli ufficiali. In questo contesto, le autorità competenti degli Stati membri avranno la facoltà di stabilire le tasse e i diritti come importi forfettari basati sui costi sostenuti e tenendo conto della situazione specifica degli stabilimenti. Se si impongono tasse agli operatori, dovrebbero essere applicati principi comuni. È quindi opportuno stabilire i criteri per la fissazione dei livelli delle tasse di ispezione. Per quanto concerne le tasse applicabili ai controlli alle importazioni, è opportuno stabilire direttamente gli importi per i principali beni d’importazione, al fine di assicurare la loro applicazione uniforme e evitare distorsioni agli scambi».
- la legge del 4 giugno 2010, n. 96 che, al fine di applicare le disposizioni del regolamento n. 882/2004 e di prevenire disparità di trattamento sul territorio italiano, ha così statuito: «Sono esclusi dall’ambito di applicazione del presente decreto gli imprenditori agricoli per l’esercizio delle attività di cui all’articolo 2135 del codice civile».
- l’articolo 2135 codice civile «È imprenditore agricolo chi esercita una delle seguenti attività: coltivazione del fondo, selvicoltura, allevamento di animali e attività connesse. Per coltivazione del fondo, per selvicoltura e per allevamento di animali si intendono le attività dirette alla cura ed allo sviluppo di un ciclo biologico o di una fase necessaria del ciclo stesso, di carattere vegetale o animale, che utilizzano o possono utilizzare il fondo, il bosco o le acque dolci, salmastre o marine. Si intendono comunque connesse le attività, esercitate dal medesimo imprenditore agricolo, dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione che abbiano ad oggetto prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall’allevamento di animali, nonché le attività dirette alla fornitura di beni o servizi mediante l’utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell’azienda normalmente impiegate nell’attività agricola esercitata, ivi comprese le attività di valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e forestale, ovvero di ricezione ed ospitalità come definite dalla legge».
La prima questione pregiudiziale: tariffa controlli sanitari ufficiali anche se l’attività di macellazione è accessoria a quella di allevamento?
È fuori di dubbio che spetta agli Stati membri eseguire controlli ufficiali per accertare la corretta applicazione della normativa sui mangimi e sugli alimenti da parte degli operatori del settore dei mangimi e degli alimenti in tutte le fasi della produzione, della trasformazione e della distribuzione dei mangimi o degli alimenti e degli animali e dei prodotti di origine animale.
Controlli per i quali gli Stati membri garantiscono adeguati finanziamento ai sensi dell’art. 26 reg. 882/2004, disponend di un ampio margine discrezionale sulla messa a disposizione (sentenza del 26 luglio 2017, C-519/16, EU:C:2017:601, punto 34).
Allo stesso modo, il Giudice europeo ritiene che le direttive 89/662, 93/119 e 96/23, in combinato disposto, impongano agli Stati membri “di procedere a controlli relativi a tutte le fasi della filiera di produzione e della trasformazione degli animali, dei loro prodotti nonché della filiera di produzione dei mangimi. Ne consegue che, poiché le attività di macellazione e di sezionamento di carne rientrano nelle fasi della produzione e della trasformazione degli animali, tali attività sono ricomprese nell’allegato IV, sezione A, del regolamento n. 882/2004”.
La conseguenza è, pertanto, immediata: tali attività devono essere oggetto del pagamento di una tassa obbligatoria al fine di finanziare i controlli ufficiali.
Chi è soggetto? L’operatore alimentare: “è un operatore del settore alimentare o un operatore del settore dei mangimi la persona fisica o giuridica incaricata di garantire il rispetto delle prescrizioni della legislazione alimentare nell’impresa del settore dei mangimi o del settore alimentare posta sotto il suo controllo”.
A nulla rileva, quindi, la circostanza per l’attività di macellazione e di sezionamento di carne sia esercitata in modo “accessorio” all’attività principale di allevamento.
La soluzione alla prima questione pregiudiziale si risolve, dunque, così: “l’articolo 27 del regolamento n. 882/2004 deve essere interpretato nel senso che esso dispone che gli Stati membri hanno l’obbligo di imporre il pagamento di tasse relative ai controlli ufficiali sulle attività elencate nell’allegato IV, sezione A, e nell’allegato V, sezione A di tale regolamento, anche agli operatori del settore alimentare e del settore dei mangimi che svolgono le attività di macellazione e di sezionamento di carne a titolo accessorio rispetto alla loro attività principale di allevamento.
La seconda questione pregiudiziale; la tariffa controlli sanitari ufficiali é derogabile nei minimi dal singolo Stato membro?
Può uno Stato membro applicare tasse di importo inferiore agli importi minimi previsti all’allegato IV, sezione B, e all’allegato V, sezione B, del regolamento n. 882/2004?
La risposta della Corte di Giustizia UE è negativa, proprio alla luce del tenore letterale della normativa prima richiamata, conformemente a pronunce già rese.
In conclusione, quindi, la normativa europea sulla tariffa destinata a coprire le spese attinenti ai controlli veterinari ufficiali dei mangimi e degli alimenti è obbligatoria anche quando l’attività di riferimento viene espletata solo come accessoria rispetto all’allevamento e non derogabile, in punto di debenza e di quantificazione minima.
Il presente articolo, ai sensi del Regolamento, ha finalità meramente informativa e divulgativa della sentenza in commento; non può costituire un parere legale, potendo non tener conto del complesso normativo e giurisprudenziale anche in punto di successivi aggiornamenti per gravami o riforme.