Consumo di miele: boom durante la pandemia

L’ISMEA nel Rapporto Tendenze Miele ha registrato un aumento del consumo di miele nel 2020, con un’inversione di tendenza rispetto alle recenti flessioni ed un aumento di consumo nei giovanissimi. Le condizioni sfavorevoli per la produzione: cambiamenti climatici e uso improprio dei fitosanitari

Pubblicato su Dicembre 17, 2020, 12:32 pm
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Secondo il recente rapporto ISMEA pubblicato a dicembre, le famiglie italiane hanno riscoperto in questi mesi di pandemia da Covid-19 il miele.

Si ritiene che abbiano contribuito al boom dei consumi di miele “la maggiore attenzione alla salute in un’epoca di emergenza sanitaria e la più lunga permanenza tra le mura di casa”.

Le vendite di miele, infatti, hanno registrato nei primi 9 mesi del 2020 una crescita del 13% in volume.

Le famiglie con giovani e giovanissimi sono alla base di questo incremento.

Inversione di tendenza nel consumo di miele

Si è registrata, dunque, un’inversione di tendenza rispetto all’ultimo biennio, come sottolinea l’ISMEA nel report Tendenze Miele, interamente dedicato alle dinamiche del comparto.

L’inversione si registra sia rispetto alla flessione degli acquisti dell’ultimo biennio sia al ruolo trainante fin qui esercitato degli over 50, di reddito medio alto, a cui si devono normalmente oltre il 70% degli acquisti di miele.

Il recupero del miele nazionale

Nel 2019 circa il 60% di prodotto disponibile è stato di provenienza estera, a fronte di una produzione nazionale in forte ridimensionamento.

Per il 2020 le stime ISMEA-Osservatorio mieleindicano un recupero del13% sull’anno precedente con una produzione che dovrebbe portarsi a 17 mila tonnellate.

Si tratta comunque “di un livello molto al di sotto della capacità produttiva nazionale, che conta oltreun milione e 600 mila alveari, in aumento del7,5% su base annua”.

I dati su produzione e consumo di miele in sintesi

Nel Rapporto ISMEA sul consumo di miele si ricorda che l’Italia è il quarto paese europeo per numero di alveari (1,6 milioni), dopo Spagna (3 milioni di alveari), Romania e Polonia (rispettivamente 2 e 1,7 milioni di alveari), con una consistenza in aumento del 7,5% nel 2019 rispetto all’anno precedente.

La produzione italiana di miele secondo i dati Istat raggiunge poco meno di 8 mila tonnellate per un valore di oltre 64 milioni di euro, dato comunque che tiene conto soltanto dei censimenti generali dell’agricoltura per cui rilevano esclusivamente parte degli allevamenti strutturati nel settore agricolo, laddove questi coincidano con la disponibilità di terreno.

Rimangono, dunque, esclusi dal rapporto ISTAT i numerosi apicoltori non associano l’apicoltura ad un’attività agricola “ma che pure, nel mantenere in vita le api, nei più disparati ambienti naturali o agricoli, assicurano di fatto una indispensabile e capillare impollinazione”.

L’effettiva produzione italiana di miele, secondo le stime Ismea-Osservatorio Nazionale Miele, per l’anno 2019 si attestano su circa 15 mila tonnellate, contro una produzione nazionale attesa di 23 mila tonnellate.

I numeri del Rapporto ISMEA Tendenze Miele

Leggiamo nel Rapporto ISMEA Tendenze Miele alcuni dati nazionali:

  • sono oltre 1,66 milioni gli alveari da cui proviene la produzione di miele; di questi
    • circa 783 mila stanziali
    • 657 mila nomadi
    • una piccola quota residua è poi rappresentata da alveari non meglio classificati.
  • Il 74% degli alveari totali (1.232.831), sono gestiti da apicoltori commerciali che allevano le api per professione.

Nel 2019 sono

  • oltre 187 mila gli alveari che producono miele biologico (208 mila nel 2020), mentre
  • 1,39 milioni di alveari producono miele convenzionale (1,45 milioni nel 2020).

Le condizioni sfavorevoli: annata pessima per la sulla

La situazione produttiva della campagna 2020 registrata da ISMEA riporta comunque una tendenza negativa delle produzioni, in particolar modo per i monoflora di punta sia per il Nord (l’acacia) che per il Sud (gli agrumi); annata pessima per la sulla.

Per quanto riguarda le cause della mancata produzione, l’Istituto menziona il cambiamento climatico “che influisce sulla disponibilità nettarifera delle piante e al meteo incostante, con poche giornate favorevoli alla bottinatura”.

Non soltanto.

Il report registra dati negativi per il 2020 “per quanto riguarda spopolamenti e morie di api riconducibili all’uso spesso improprio dei prodotti fitosanitari” ed un’infestazione di varroa “sopra la media” con interruzioni di produzione dei mieli estivi.

In conclusione, l’ISMEA segnala che effettivamente l’apicoltura “sembra essere una delle attività maggiormente colpite dai recenti effetti dei cambiamenti climatici, dalla erosione del suolo agricolo e dalla presenza nell’ambiente di pesticidi e agenti chimici: il 37% delle api è in declino (Fao, 2019).

Da qui l’importanza dell’impegno a rispettare i programmi secondo la strategia europea sul Green Deal finalizzata alla neutralità climatica entro il 2050.

(fonte ISMEA – Rapporto Tendenze Miele)

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