"LA RICETTA DI IERI" di De Cibi Historia. ? In ogni articolo proponiamo un'antica ricetta, di epoche lontane o delle nostre tradizioni locali, raccontandone l'origine e le curiosità. Per chi vorrà dilettarsi in cucina, non mancheranno i consigli per trasformarla nella "ricetta di oggi" ?.
Un’idea per trasformare pochi ingredienti in uno sfizioso apericena casalingo a tema storico?
Basta poco e potremmo sorprenderci su come alcune ricette che riteniamo “moderne” in realtà siano la naturale evoluzione di piatti vecchi di qualche millennio.
Le pietanze che proponiamo, infatti, sono tipiche dei buffet di oggi: polpette e frittate.
Le Pusilla isicia, le polpette romane…
Ebbene, nell’antica Roma la fantasia in cucina, per gusto o necessità, si riversava anche sulla preparazione delle polpette, di derivazione probabilmente persiana dalle antenate delle kofta mediorientali.
Troviamo traccia delle polpette anche a Pompei, dove gli avventori delle termopolia durante la pausa pranzo potevano consumare preparazioni veloci come salsicce affumicate o polpettine.
Probabilmente anche per i Romani, l’impasto era “arte del riciclo” in cucina, se lo stesso Apicio annovera diverse varianti di polpette, a base di pesce o molluschi e a base di carni o interiora.
Elemento centrale, allora più di ora, era il pane, alimento principale che necessitava anche di trucchi per essere reiventato soprattutto diversi giorni dopo la cottura.
Probabilmente è questa la ragione per cui un paio di millenni dopo, nel XIX secolo, Pellegrino Artusi diceva che le polpette le sanno fare anche i “ciuchi”, gli asinelli.
che poi diventano polpette….
A proposito: il termine polpette è relativamente recente.
Per i Romani le pietanze a base di carne tritata (rigorosamente a mano, ovviamente) impastata con altri ingredienti si chiamavano Isicia o Insicia, da insecta caro, lpoiché la carne é tagliata come ci tramanda il letterato ed agronomo Marco Terenzio Varrone nel I sec. a.C.
Compare il termine polpette soltanto tra la fine del Medioevo gli arbori del Rinascimento, nel famoso ricettario Libro de arte coquinaria di Martino de’ Rossi noto come Maestro Martino, riferendosi alle piccole pietanze a base di impasto di carne e spezie.
Le polpette sono storia, è indubbio; l’emblema del trasformismo, raccontano le dispense dei popoli, diventando preziose od umili a seconda della mano che le preparava.
Il nostro “antico” buffet: Isicia e Patina
Ad Apicio dobbiamo la memoria di una ricetta gustosa di polpette, di disarmante semplicità ma che introduce un gusto moderno adatto al nostro buffet casalingo: la carne al profumo di vino.
La tecnica di preparazione sorprende, perché il vino non viene sfumato in cottura, ma è l’ingrediente dell’impasto.
Nel nostro “apericena” possiamo accostare alle Isicia una bella Patina, losanghe di frittata, altra pietanza star dei nostri buffet serali, al profumo di vino.
Il tutto accompagnato da una focaccia croccante con olio, un impasto di pecorino e aglio (molto apprezzato insieme alla Patina, come ci ricorda Virgilio) e un buon calice di vino.
La prima ricetta di ieri: Isicia Omentata
“Pulpam concisam teres cum medulla siliginis in vino infusi. Piper, liquamen, si velis, et bacam myrtae exenteratam simul conteres. Pusilla isicia formabis, intus nucleis et pipere positis; involuta omento subassabis cum caroeno”.
Impasta la carne magra (pulpa) tritata con mollica di pane bagnata nel vino, pepe, garum (se vuoi) e bacca di mirto privo di semi. Forma piccole isicia (polpettine) inserendo dentro pinoli e pepe; avvolte nella rete di maiale (omento) cuoci con il mosto cotto (caroenum) – (traduzione non letterale).
Il procedimento può essere attualizzato agevolmente.
L’uso del garum, tanto diffuso nell’antica Roma, è facoltativo, il che è un’eccezione per Apicio; oggi possiamo sostituirlo con colatura di alici o pasta d’acciughe.
In alcune zone d’Italia è ancora diffuso l’uso della rete di maiale per involtini o preparati a base di carne (spesso interiora come nel caso degli gnummareddi salentini); ma in assenza, è sufficiente rosolare bene le polpette con un tocco di guanciale o lardo.
Difficile sostituire il profumo delle bacche di mirto; se non disponibili fresche od essiccate, si possono utilizzare bacche di ginepro o (poco) rosmarino.
La seconda ricetta di ieri: Patina lactucae
“Thyrsum lactucae teres cum pipere, liquamine, caroeno, aqua, oleo. coques, ovis obligabis. piper asparges et inferes.
Trita il fusto della lattuga con il pepe, il garum, il mosto cotto acqua e olio. Cuoci con le uova, cospargi di pepe e servi – (traduzione non letterale).
L’impasto prevede, quindi, un trito crudo di lattuga (si tratterebbe di lactuca ovvero lattuga selvatica, ma ovviamente attualizziamo con la nostra lattuga) ammorbidito da acqua, mosto (va bene anche il vino), olio e salsa garum (sostituibile come sopra).
Per una riuscita ottimale, all’impasto dovrà essere però eliminato il liquido in eccesso, prima di mescolare le uova.
IL GARUM, LA SALSA DI TENDENZA NELLA ROMA ANTICA
APICIO, LA PRIMAVERA E LE ORTICHE. IL TORTINO DI ORTICHE.