Il Solstizio d’estate, il giorno di San Giovanni ed il nocino

Nell’antica Roma il 24 giugno era il giorno del Solstizio d’Estate e festa della dea Fortuna. Le tradizioni comuni con Greci ed Etruschi. L'acqua di San Giovanni ed il nocino.
Pubblicato su Giugno 21, 2024, 8:21 pm
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Il 21 giugno, con le oscillazioni astronomiche annuali, è identificato come il giorno del Solstizio d’estate, primo giorno di Estate. Quest’anno, infatti, il momento del Solstizio astronomicamente é avvenuto il 20 giugno alle ore 22.50.

Qualcuno potrebbe essere sorpreso nel sapere che il solstizio d’estate nell’antica Roma veniva festeggiato in un giorno molto menzionato nella botanica e nella gastronomia.

Parliamo del 24 giugno, giorno di San Giovanni.

La festa di Fors Fortuna

Fu il sesto re di Roma, Servio Tullio, nel VI sec. a.C. ad introdurre il culto della italica dea Fortuna e la tradizione attribuisce a lui l’istituzione della Festa in suo onore proprio nel giorno del solstizio d’estate.

La devozione del re viene descritta come un amore “umano” dallo stesso Plutarco, utilizzando probabilmente una metafora per esprimere la “fortuna” di Servio Tullio, di umili origini, ad essere proclamato re alla morte di Tarquinio Prisco.

Fortuna intesa nel senso latino della parola e dunque era la dea del destino e della casualità.

Il che ha interessato gli studiosi, per le attinenze con la dea greca Tiche ed anche con la dea etrusca Norzia.

L’Etruria era costellata da templi dedicati alla dea del Fato, il cui simbolo era il chiodo che ogni anno veniva conficcata nelle mura del tempio. Di recente sono stati trovati molti reperti nelle zone del Lago di Bolsena.

Il 24 giugno, però, si celebrava a Roma il giorno della Fors Fortuna, la dea forte, la dea madre protettrice di ogni avversità.

E Si festeggiava lungo il Tevere con le barche addobbate di fiori ed erbe, dal momento che l’acqua è un elemento ricorrente per la dea Fortuna e non a caso anche per Tiche – figlia di Teti e Oceano, genitori di tutti i fiumi – e Norzia.

L’acqua di San Giovanni

Nascono probabilmente in quei tempi alcune usanze che oggi vengono ancora associate non più al Solstizio d’estate ma al giorno di San Giovanni, il 24 giugno.

Ora per il “rito” dell’acqua di San Giovanni, come allora per propiziarsi il benvolere degli dei, si consiglia di raccogliere la sera del 23 giugno erbe e fiori selvatici in una ciotola, che devono restare fuori nella notte più corta dell’anno in immersione e a coprirsi di rugiada.

Per gli antichi la notte del Solstizio, infatti, cadeva la “rugiada degli dei”, donata prima del giorno in cui il Sole é più alto.

Tra le erbe non dovrebbe mancare l’iperico, conosciuta per le sue capacità antinfiammatorie, antidepressive e per curare i disturbi del sonno, nota come Erba di San Giovanni.

Il giorno del solstizio ci si lavava con l’acqua così raccolta, profumata e ricca di elementi utili al benessere ed alla bellezza.

La preparazione del nocino nel giorno di San Giovanni

Conoscendo la storia del 24 giugno e il potere che gli antichi riconoscevano al solstizio d’estate non può sorprendere che la preparazione del nocino ha tradizionalmente inizio proprio nel giorno di San Giovanni durante il quale vengono raccolte le foglie per l’infusione.

La tradizione, infatti, vuole che il nocino si prepari con le noci raccolte durante la notte del 24 giugno (rigorosamente a mano senza uso di metalli per non compromettere le proprietà degli oli essenziali).

Una volta raccolte, le noci devono essere lasciate per l’intera notte alla rugiada; soltanto dopo si avvia il procedimento di preparazione di uno dei liquori più ricchi di storia.

LE SENTINELLE DEL NOCINO TRADIZIONALE di Luca Bonacini e Stefano Lugli (A Tavola si legge)

Le sentinelle del Nocino tradizionale

La tradizione celtica

La tradizione del nocino, legata al solstizio d’estate, non è riferibile, però, a romani, greci od etruschi.

Sono gli stessi Romani che ci raccontano che la popolazione della Britannia (da loro chiamati Picti perché si coloravano la pelle) bevevano un liquore di noci durante la “notte di mezza estate”.

Il liquore derivava da un infuso di noci acerbe e miele con spezie o frutta fermentata, la cui ricetta celtica sarebbe poi stata importata a Roma.

Letti gli ingredienti, non serve molto altro per capirne il potere di favorire, in chi ne abbia ecceduto, un invincibile sonno con annessi sogni fantasiosi.

William Shakespeare ne ha tratto felicissima ispirazione.   

Tutto torna, dunque, in questo affascinante gioco, spesso inconsapevole, di richiami tra il presente e le più antiche ed ancestrali radici di molte abitudini o tradizioni, che invece siamo portati a considerare solo nostre.

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