Il pellegrinaggio è un fenomeno comune a tutte le grandi religioni.
Trova il fondamento nella predisposizione naturale dell’uomo a ricercare le radici delle proprie origini.
Non potendo perseguire la strada dell’ultrasensibile e quindi della metafisica, l’essere umano ricerca quelle meglio percepibili ai sensi.
Si tratta prevalentemente di località ove, a seconda del credo religioso professato e/o delle prescrizioni da esso imposte o suggerite, è consentito un contatto fisico con la divinità venerata.
Lo scopo prevalente dei pellegrinaggi è quello di invocare un aiuto per la soluzione di determinati problemi per sé od i propri cari, che soltanto la divinità può garantire.
Devono aggiungersi anche i pellegrinaggi intrapresi per gratitudine, ovvero per perseguire una maggiore elevazione spirituale che meglio accomuni l’uomo alla divinità venerata.
Ci troviamo, pertanto, in presenza di spostamenti anche in località lontane dalla residenza, animati dal comune principio della devozione.
Il pellegrinaggio nel Medioevo
Il fenomeno, per quanto riguarda la religione cattolica, investe in modo particolare il Medioevo periodo a partire dal quale abbiamo maggiori riscontri storici e bibliografici.
Considerata l’epoca, bisogna preliminarmente soffermarsi su quelle che erano le condizioni della viabilità, la disponibilità dei mezzi di trasporto e, ancora più grave, la situazione della sicurezza pubblica.
Nel pellegrino il malavitoso vedeva soltanto quello che poteva portare con sé e poteva essere a lui sottratto.
Per questo era disposto a ricorrere alla violenza, fino all’omicidio. Rischi questi, che soltanto la forza delle fede riusciva a mitigare.
Oltre alla minaccia dei tanti pericoli, il pellegrino doveva anche affrontare il non facile problema di potersi nutrire e riposare durante il lungo ed estenuante viaggio.
Il cibo del pellegrino: alimentazione in itinere
L’alimentazione del pellegrino era costituita da cibo facilmente conservabile, come pane, biscotti secchi, salumi, formaggi, acqua e altri cibi facilmente conservabili per giorni, settimane e anche mesi.
Più tardi troviamo anche il vino: Ciò in quanto la religione non ne vietava o limitava l’uso (l’ubriachezza era considerata una lieve mancanza), ma soprattutto a fini igienici. L’acqua, specie quella raccolta lungo il cammino, spesso esponeva a gravi infezioni, per cui si cercò di sostituirla con vino o quanto meno a miscelarla con esso, a mò di disinfettante.
Ad integrazione, si ricorreva a quanto la natura poteva offrire lungo il cammino e al soccorso di alcuni abitanti del luogo, almeno sugli itinerari di più intensa venerazione. In tal modo l’alimentazione veniva integrata da altro pane, acqua, vino e, soprattutto frutta, pesce, carne e legumi.
Provvidenziale il soccorso che veniva offerto dai conventi, ove veniva offerto anche un pasto caldo, costituito per lo più da brodi di carne salata e verdure, condite in vario modo.
Osterie e taverne
Il diffondersi dell’ospitalità a pagamento favorì la nascita di osterie e luoghi simili, ove il vitto migliorò notevolmente. Purtroppo, la sola logica del profitto degli osti e ostesse portò a furberie e astuzie di ogni genere, ai danni degli ospiti.
A tal proposito, bisogna considerare la cultura del tempo. La società era fortemente divisa in ceti sociali, motivo per cui abbiamo i pellegrini di rango modesto e quelli di rango elevato, oppure i pellegrini appartenenti ad un ordine religioso.
Ognuno mangiava quello che poteva permettersi economicamente anche durante il cammino: il contadino lungo il viaggio si nutriva anche di erbe spontanee e tuberi avvalendosi raramente di vitto a pagamento, in ogni caso di modesto valore.
Le osterie e le taverne erano prevalentemente frequentate da viaggiatori benestanti, che potevano farsi anche servire pietanze a base di carne.
I pellegrini religiosi, invece, si limitavano a pasti poveri e frugali, solitamente privi di carne, consumati in comunità lungo il cammino.
Ospitalità gratuita e ospitalità doverosa
La speculazione che dominava i centri di ristoro a pagamento e che certamente era una ulteriore causa a scoraggiare il pellegrinaggio, stimolò molti Istituti religiosi ad offrire una ospitalità gratuita.
Nacquero così i cosiddetti “Xenodochia” (Case d’ospiti), per lo più limitrofi alle abbazie, ove i pellegrini venivano ospitati e rifocillati.
Alcune regole monastiche prevedevano espressamente il dovere di accoglienza.
Nel periodo più risalente, erano previste anche forme di ospitalità cd. doverosa, riservata ai regnanti od ai nobili: i feudatari ed anche i monaci erano obbligati ad una generosa ospitalità.
Concludiamo con un vivo apprezzamento ai tantissimi coraggiosi “viaggiatori dell’anima”, che soltanto la devozione li ha contraddistinti in ricercatori di verità e di senso.
In proposito il critico gastronomico Paolo Massobrio ha affermato che “solo il pellegrino errante che domanda cibo per partecipare alla vita è nell’atteggiamento giusto per cogliere il dono del mangiare e bere” (Nutrire l’anima, don Andrea Ciucci e don Paolo Sartor, San Paolo Edizioni, prefazione).
Sul banchetto medievale signorile, leggi srticolo