Oms: no al passaporto di immunità. Test sierologici si, ma….

Per la prossima fase di contenimento alla pandemia COVID-19, l'OMS é contrario al "passaporto dell'immunità" per uscire o tornare al lavoro. Raccomandazioni sui test sierologici.

Pubblicato su Aprile 25, 2020, 11:42 pm
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L’OMS ha pubblicato il 24 aprile una guida sull’adeguamento della sanità pubblica e delle misure sociali per la prossima fase di contenimento alla pandemia COVID-19, in riferimento ai test sierologici.

Alcuni Paesi, infatti, hanno suggerito che il rilevamento di anticorpi contro SARS-CoV-2, il virus che causa COVID-19, potrebbe servire come presupposto per un “passaporto di immunità” o un “certificato privo di rischio” che consentirebbe alle persone di viaggiare o di tornare al lavoro.

Il presupposto é che la presenza di anticorpi, rilevabili dai test sierologici, una volta guariti dalla malattia proteggano dalla reinfezione.

L’OMS, al riguardo, precisa: “al momento non ci sono prove che le persone che si sono riprese da COVID-19 e hanno anticorpi siano protette da una seconda infezione”.

La misurazione di anticorpi specifici per COVID-19

La motivazione dell’assunto é nel documento che si riporta.

Lo sviluppo dell’immunità a un patogeno attraverso l’infezione naturale è un processo in più fasi che si svolge in genere nell’arco di 1-2 settimane.

Il corpo risponde immediatamente a un’infezione virale con una risposta innata non specifica in cui i macrofagi, i neutrofili e le cellule dendritiche rallentano il progresso del virus e possono persino impedire che causi sintomi.

Questa risposta non specifica è seguita da una risposta adattativa in cui il corpo produce anticorpi che si legano specificamente al virus.

Questi anticorpi sono proteine ​​chiamate immunoglobuline. Il corpo produce anche cellule T che riconoscono ed eliminano altre cellule infettate dal virus. Questo si chiama immunità cellulare.

Questa risposta adattativa combinata può eliminare il virus dal corpo e, se la risposta è abbastanza forte, può prevenire la progressione a malattia grave o reinfezione da parte dello stesso virus. Questo processo viene spesso misurato dalla presenza di anticorpi nel sangue.

Gli studi sull’immunità

L’OMS riferisce che la maggior parte di questi studi mostra che le persone che si sono riprese dall’infezione hanno anticorpi contro il virus. Tuttavia, alcune di queste persone hanno livelli molto bassi di anticorpi neutralizzanti nel sangue.

Al 24 aprile 2020, data di pubblicazione del documento, “nessuno studio ha valutato se la presenza di anticorpi contro SARS-CoV-2 conferisca l’immunità alla successiva infezione da questo virus nell’uomo”.

I test di laboratorio

I test sierologici di laboratorio che rilevano gli anticorpi contro la SARS-CoV-2 nelle persone, compresi i test immunodiagnostici rapidi, necessitano di ulteriori convalide per determinarne l’accuratezza e l’affidabilità.

Test immunodiagnostici imprecisi possono classificare erroneamente le persone, come falsi positivi o come falsi negativi: “entrambi gli errori hanno gravi conseguenze e influenzeranno le misure di controllo”.

Tra l’altro i test devono anche distinguere accuratamente gli esiti da infezioni “dall’insieme noto di sei coronavirus umani”, quattro dei quali causano il comune raffreddore e circolano ampiamente; le persone infette da uno di questi virus possono produrre anticorpi che reagiscono in modo crociato con anticorpi prodotti in risposta all’infezione da SARS-CoV-2.

L’OMS promuove i controlli sugli anticorpi, ma …

L’OMS prende atto che molti Paesi stanno testando gli anticorpi SARS-CoV-2 a livello di popolazione o in gruppi specifici (tra cui gli operatori sanitari) e promuove queste iniziative, fondamentali per comprendere l’entità e i fattori di rischio associati all’infezione.

Avverte, però, che allo stato attuale non si può escludere l’immunità da infezioni secondarie.

Anche in vista, dunque, delle prossime iniziative a contenimento del contagio con ripristino delle attività “le persone che presumono di essere immuni a una seconda infezione perché hanno ricevuto un risultato di test positivo” non dovranno ignorare i consigli sulla salute pubblica.

Per queste ragioni, l’OMS ritiene – allo stato attuale fino a nuove prove – che l’uso di eventuali “certificati” possa aumentare i rischi di una trasmissione continua. (fonte OMS)

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Redazione