Un invito a cena per Dante Alighieri

Il menù della cena del Dantedì: quale tributo migliore oggi se non organizzare una cena secondo gli usi e costumi della Firenze di Dante Alighieri? L'importanza del pane per Dante e la tradizione del "pane sciapo"
Pubblicato su Marzo 25, 2021, 5:45 pm
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Il 25 marzo si celebra il Dantedì, la giornata per onorare il sommo poeta Dante Alighieri.

Non si tratta della commemorazione del giorno di nascita – peraltro non nota e comunque ricadente nel segno zodiacale dei Gemelli e quindi tra maggio e giugno –  o della morte – avvenuta a settembre del 1321 -, ma si ritiene che il 25 marzo sia la data in cui ha avuto inizio il viaggio di Dante raccontato nella Divina Commedia.

Il viaggio con Virgilio inizia nel mezzo del cammin di nostra vita e siamo dunque nella primavera dell’anno 1300. E’ la sua festa? Bene! Perché non “invitare” Dante a cena stasera?

Dante era un buongustaio?

Dalle opere non emergono con evidenza i gusti gastronomici di Dante, probabilmente austeri; né il sesto Canto della Divina Commedia sul terzo cerchio dei golosi e sul “punimento del vizio de la gola” può aiutarci troppo, se non farci intendere che con Ciacco difficilmente Dante avrebbe condiviso un lauto ed eccessivo pasto, se non per conoscere questioni politiche.

Per esser certi, dunque, di non subire l’implacabile giudizio di Dante, è preferibile organizzare un menù semplice ma raffinato, secondo gli usi ed i costumi della sua Firenze ed ovviamente con i prodotti di stagione!

Il pane per Dante e la tradizione del pane sciapo

Cosa non deve mancare nella tavola per Dante? Una buona e fragrante pagnotta.

L’alimento che sembra più ricordato dal Sommo Poeta è proprio il pane, ed anzi diventa spesso proprio l’alimento per definizione, come ricorda il Conte Ugolino, nonché alimento veicolo del sapere e simbolo della beatitudine al banchetto degli angeli nel Paradiso.

A proposito di pane, tra le righe della Divina Commedia troviamo confermata la tradizione del pane sciapo (o “pane sciocco”) fiorentino.

Nella Firenze dantesca, infatti, il pane era preparato senza sale, e la leggenda (o storia?) vuole che tale usanza derivi dal non voler dare soddisfazione alla rivale Pisa che aveva interrotto nel XII secolo le vie di approvvigionamento del sale.

Per anticipare a Dante l’esilio, nel XVII Canto del Paradiso, Cacciaguida usa una metafora: “Tu proverai si come sa di sale lo pane altrui” a significare che Dante avrebbe assaggiato il pane salato, e quindi sarebbe stato esiliato dalla sua Firenze.

Nella cena con Dante nel Dantedì, dunque, non dovrà mancare un buon pane, meglio sciapo.

Se poi prendiamo alla lettera un’altra citazione tratta dal Convivio, sarebbe opportuno evitare di preparare un’insalata: “oh, beati quei pochi che seggiono a quella mensa dove lo pane de li angeli si manuca, e invece miseri coloro che con le pecore hanno comune cibo”. Ben sapendo che in realtà la mensa che Dante offre e a cui si riferisce è quella del sapere e l’immagine porta ben altre più elevate strutture di pensiero.

Il menù della cena con Dante

Torniamo, dunque, ai fornelli e iniziamo a preparare una cena che Dante avrebbe presumibilmente gradito.

Purè di lenticchie

La cucina toscana medievale vede un uso molto accurato dei legumi.

Per questo motivo proponiamo una pietanza semplice, ma raffinata, tipica della Firenze trecentesca la cui ricetta è arrivata a noi grazie alla pubblicazione nell’Ottocento da parte di parte Francesco Zambrini de Il libro della cucina del secolo XIV, autore anonimo, ricetta richiamata anche da A tavola nel Medioevo, di Redon – Sabban – Serventi.

Togli le lenti bene lavate e nette da le pietre, et poni a cuocere con erbe odorifere, oglio, sale e zafferano. E quando saranno cotte, tritale bene; e messovi su ova dibattute, e cascio secco tagliato, dà mangiare.

Lo zafferano impreziosisce un piatto di origine semplice, il cui ingrediente principale è la lenticchia, da sempre simbolo di ricchezza, reso ancor più gustoso da formaggio e uova.

Come prepararla oggi?

  • Lessare in acqua salata 500 g. di lenticchie insieme a una tazzina d’olio d’oliva, 1 bustina di zafferano ed un mazzetto di erbe aromatiche secondo i propri gusti. Una volta cotte, scolare il liquido in eccesso e ridurle in purea; poi metterle in un tegame a scaldare nuovamente.
  • Appena tolta la purea dal fuoco, aggiungere 4 uova sbattute in precedenza con una tazzina di formaggio stagionato. Dopo aver ben mantecato, il purè di lenticchie può essere portato a tavola, guarnito con qualche ciuffo di erbe aromatiche.

Ambrogino di pollo con frutta secca

Da un altro libro di autore anonimo, pubblicato sempre nell’Ottocento e presentato da Olindo Guerrini, Frammento di un libro di cucina del secolo XIV, proponiamo una gustosa pietanza del Trecento toscano, l’ambrogino di pollo con frutta secca.

La pietanza ci consente di rievocare i profumi della tavola trecentesca, speziata ed agrodolce; ecco come prepararla oggi

  • Rosolare in un tegame un pollo a pezzi con lardo fresco et uno poco di cipolla tagliata a traverso; continuare a cuocere poi aggiungendo un bicchiere di brodo, mezzo bicchiere di vino, un bicchiere di latte di mandorle, un pizzico di cannella tritatae qualche chiodo di garofano.
  • Mentre il pollo cuoce a fuoco basso, in una piccola padella preparare una salsa rosolando 8 prugne secche denocciolate a pezzettini, 8 datteri interi (“e guarda li datteri che non si rompano”) e 300 g di mollica di pane sminuzzata, stemperando con poco vino ed aceto. Condire con la salsa agrodolce così preparata il pollo quando pronto.

Torta bianca

A chiusura della cena, Dante avrebbe probabilmente gradito un dolce tipico dell’epoca, la cui ricetta è rielaborata da Mastro Martino nel suo Libro de arte coquinaria: la torta bianca.

Si tratta di un dolce molto semplice da preparare, gustoso ed estremamente raffinato, una sorta di antenato della cheesecake, che oggi riproponiamo in forma semplificata, pur mantenendo le caratteristiche ed i profumi dell’epoca.

  • Ricoprire una tortiera unta e infarinata con un disco di pasta brisée in modo tale da coprire anche i bordi. Preparare un composto ben amalgamato con 6 albumi d’uovo montati a neve, 350 g. di formaggio fresco spalmabile o ricotta, 100 g. di zucchero di canna, 100 g. di burro morbido e mezzo cucchiaino di zenzero tritato, stemperando se occorre con un poco di latte fino ad ottenere una crema densa.
  • Versare il composto nella tortiera foderata con la pasta brisée, rigirando i bordi sul composto e cuocere in forno caldo a 170° ricoprendo con un foglio di carta d’alluminio per non farla dorare troppo, mantenendo così il colore bianco.
  • Far raffreddare e servire cospargendo di zucchero e, se disponibile, “bona acqua rosata” (acqua di rose alimentare) secondo il gusto dell’epoca.

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